Mercoledì 30 luglio 2025, ore 15:27

Cina

Labubo, molto più di un semplice giocattolo

di ROBERTO ROSANO

Dalle vetrine dei negozi Pop Mart di Shanghai fino alle borsette firmate di Rihanna e Kim Kardashian, Labubu è molto più di un semplice giocattolo. È il simbolo di un’operazione culturale silenziosa ma potentissima: il nuovo soft power cinese. E, forse, il più efficace. Per capire il fenomeno bisogna partire da lontano.

Labubu nasce dalla mente dell’artista hongkonghese Kasing Lung, come protagonista della serie “The Monsters”: un universo popolato da creature dall’aspetto strano ma irresistibile, ciascuna con un’identità ben definita. Labubu, in particolare, è descritto come “di buon cuore, ma talmente pasticcione da ottenere spesso l’effetto opposto di ciò che intendeva fare”. Insomma, una creatura imperfetta, buffa, caotica. Umanissima.

La svolta arriva nel 2019, quando Pop Mart — azienda nata nel 2010 a Pechino come negozio di articoli vari, sul modello del nostro “tutto a un euro” — acquisisce i diritti per la produzione delle bambole. Il format è semplice ma geniale: le blind box, scatole a sorpresa in cui si scopre il contenuto solo dopo l’acqui sto. Un meccanismo che mescola collezionismo, gioco e un pizzico di adrenalina.

Prezzi contenuti — tra i 25 e i 70 dollari — e una diffusione capillare grazie a oltre 2.000 distributori automatici (roboshop) in tutto il mondo, fanno il resto.

Ma il vero boom arriva solo nel post-pandemia. È il 2022 quando la Cina inizia lentamente a riaprire. Secondo la sinologa Ashley Dudarenok, in quel momento molti giovani sentono il bisogno di evasione emotiva. E Labubu, con la sua goffaggine tenera e il suo spirito anti-perfezionista, incarna perfettamente quella voglia di leggerezza. Di qualcosa che non debba essere perfetto, performativo, filtrato. Da lì, l’ascesa è rapidissima.

Nell’aprile del 2024, Lisa — superstar thailandese del K-pop — posta alcune foto su Instagram con Labubu. Pochi giorni dopo, Rihanna viene fotografata con un pupazzetto appeso alla sua borsa Louis Vuitton. A maggio, David Beckham pubblica uno scatto con un Labubu regalato dalla figlia. Intanto, milioni di utenti su TikTok e Instagram seguono ogni nuova unboxing, ogni “chaser” trovato a colpo sicuro da collezionisti esperti come Desmond Tan, che ammette: «Se riesco a indovinarlo scuotendo la scatola e lo trovo in uno o due tentativi… sono felicissimo».

Le code si allungano nei negozi, da Bangkok a Londra. Alcuni punti vendita devono sospendere le vendite per eccesso di domanda. Le azioni Pop Mart volano in Borsa (+500% nell’ultimo anno), le vendite fuori dalla Cina continentale valgono il 40% del fatturato. E mentre le autorità doganali cinesi sequestrano 70.000 pupazzi contraffatti, è chiaro che la rivoluzione è compiuta. Labubu è ovunque. Ma non è solo. Insieme a lui ci sono altri segnali di un soft power che si aggiorna: Black Myth: Wukong, il videogioco che rivisita il mito di Sun Wukong (il Re Scimmia), e Nezha, il film d’a nimazione che modernizza una leggenda classica con estetica accattivante e ritmo da blockbuster. Secondo l’agenzia statale Xinhua, sono la dimostrazione che “la creatività, la qualità e la cultura cinese possono parlare un linguaggio che il mondo capisce”.

E in effetti, capisce eccome. Perché il nuovo soft power non è più fatto di messaggi ideologici, né di propaganda istituzionale. È fluido, silenzioso, globale. Passa per l’emo zione e per l’estetica. Per una bambola con le orecchie a punta che sembra uscita da un incubo infantile, ma che riesce a toccare corde profonde: nostalgia, leggerezza, gioco.

Certo, la Cina resta un colosso economico e politico, con tutti i suoi lati oscuri e le sue ambizioni. Ma nel frattempo ha capito una cosa semplice e potente: non si tratta più di esportare la “cinesità” come concetto astratto, ma di farla vivere dentro oggetti del desiderio, pratiche digitali e immaginari condivisi. La Cina non si racconta, ma si lascia consumare. America docet.

( 29 luglio 2025 )

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Labubo, molto più di un semplice giocattolo

 Il nuovo soft power non è più fatto di messaggi ideologici, né di propaganda istituzionale. È fluido, silenzioso, globale

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