La nostra società è afflitta da un significativo calo del livello culturale delle giovani generazioni e da un progressivo imbarbarimento del dibattito pubblico. Due problemi sociali che mettono in discussione un’intera epistemologia fondata sull’idea di una crescita culturale continua.
Se le cose stanno così su chi cade la responsabilità? E come possiamo invertire queste tendenze? A tali domande risponde Armando Massarenti, caporedattore delle pagine culturali del Sole 24 Ore, col suo libro, Come siamo diventati stupidi. Una immodesta proposta per tornare intelligenti (Guerini e Associati, Milano, 2024, 200 pagg., 18,00 euro).
Prima di procedere occorre definire cosa è la stupidità per Massarenti. È un fenomeno composto da diversi fattori, tra i quali: una generalizzata inclinazione al pessimismo; la scarsa propensione ad affidarsi ai dati statistici per leggere la realtà; la tendenza all’ “esibizionismo morale” (comportamento espressivo che su Internet conduce a una “corsa incontrollata verso l’indignazione”); la scarsa razionalità nell’affrontare i problemi sociali.
Dipinta in questa maniera la stupidità ha il suo antidoto: un “nuovo umanesimo” fondato sull’Illuminismo. Perciò la prima cosa da fare per tornare a essere intelligenti è non dar retta agli “anti-illuministi”. Ossia a coloro che criticano il mercato e la tecno-scienza, a chi si preoccupa troppo per i problemi ambientali e chi si occupa di Black Studies o di studi post-coloniali; meno che mai bisogna prestare ascolto a chi, per principio, sta dalla parte delle vittime.
Il “nuovo umanesimo” proposto da Massarenti ha alle spalle un notevole apparato studi proveniente prevalentemente dall’area culturale anglosassone.
Tale apparato è finalizzato, da un lato, a imprimere nella coscienza collettiva l’idea che il mondo di oggi è migliore di quello di ieri; e dall’altro, a sviluppare, per dirla con Foucault, un regime epistemologico orientato all’adattamento attivo degli individui alla società. Di conseguenza, la chiave di volta del “nuovo umanesimo” consiste sostanzialmente nel rinunciare all’immaginazione sociologica, ossia a un modo di pensare che connette i problemi della propria personale biografia con quelli dell’intera società. Tutto il libro di Massarenti è orientato a rafforzare questa rinuncia.
Per ridurre all’insignificanza la relazione tra Io e Noi Massarenti mobilita le scienze cognitive e la statistica, chiama in causa la razionalità e una serie di autori che aggiornano la Weltanschauung dell’homo oeconomicus adattandola al XXI secolo. Tanto per capirci: se vogliamo sapere cosa è l’intelligenza dobbiamo calcolarla come si fa per qualsiasi altra cosa, ed ecco riabilitati i contestatissimi test di misurazione del QI; se vogliamo capire in che mondo viviamo ecco arrivare in soccorso la statistica con la quale possiamo dimostrare la superiorità della nostra società rispetto alle altre (livelli di istruzione, aumento dell’età media ecc.) e rinverdire così l’idea di progresso. In questo regime epistemologico la critica è ammessa, ma solo se fa funzionare meglio l’attuale società e ottimizza le sue interne trasformazioni.