Giovedì 1 maggio 2025, ore 4:32

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Via Po Cultura

Le emozioni che suscita l’arte, in tutte le sue forme, non hanno confini. Il linguaggio universale della pittura, della scultura, dell’architettura o delle cosiddette arti minori oltrepassa i luoghi geografici. L’arte seicentesca, rappresentata dalla grandiosità dei caratteri del barocco infonde una nuova monumentalità alla città di Roma e non solo. La creatività spettacolare del barocco si diffonde in tutta Italia, e poi nell’Europa cattolica e negli Stati di recente colonizzazione (America centrale e meridionale) ma anche nei Paesi protestanti come Germania settentrionale, Inghilterra, e Paesi Bassi e nelle terre coloniali legate a questi Regni. Un contesto ben rappresentato nella mostra “Barocco Globale. Il mondo a Roma nel secolo di Bernini”, allestita alle Scuderie del Quirinale dal 4 aprile al 13 luglio. Capolavori di Bernini, Van Dyck, Poussin e Pietro da Cortona sono qui in dialogo con opere provenienti da luoghi lontani ed esotici. Cento opere, in prestito dai più importanti musei del mondo, che testimoniano proprio i legami che la Roma del Seicento riuscì ad intrecciare con realtà culturali molto distanti anche sotto il profilo geografico. Legami che svelano il ruolo che la città ebbe nella realizzazione di un universo artistico aperto all'influsso di altre sensibilità e cosmopolita. La mostra (curata da Francesca Cappelletti, direttrice generale della Galleria Borghese e ordinario di storia dell’arte all’Università di Ferrara e da Francesco Freddolini, associato di storia dell’arte presso La Sapienza di Roma), trova la sua sintesi più esplicita nel capolavoro collocato all'inizio del percorso espositivo. Si tratta del busto in marmi policromi di Antonio Manuel Ne Vunda, ambasciatore del Regno del Congo, concesso in via eccezionale in prestito dalla Basilica di Santa Maria Maggiore su espressa volontà di Papa Francesco. La Cappelletti suggerisce che la mostra presenta “un modo nuovo di guardare al Barocco. Le opere che abbiamo riunito, infatti, ci aiutano a capire come anche opere famosissime possono essere lette in un contesto diverso animato da relazioni globali”. I pittori proposti non realizzano le loro opere “soltanto guardando alla pittura o alla storia dell’arte dei secoli precedenti, ma hanno delle suggestioni che dipendono dal clima politico e intellettuale dell’epoca”. In quest’ottica, “diventano dei punti di riferimento di questo pensiero globale” presentando “dei personaggi in una maniera nuova e inedita. Una visione che dimostra come Roma (nella sua dimensione universalistica dovuta alla Chiesa) sia stata generatrice di nuovi elementi artistici”. Una realtà cui diede molta forza Papa Paolo V Borghese con “la sua apertura oltre l’Europa”. Un disegno che mise Roma al centro di una complessa rete di relazioni globali.
L’itinerario espositivo si divide in sezioni: la prima, intitolata “L’Africa, l’Egitto, l’Antico”, è concepita come un focus specifico sul continente africano nelle varie accezioni culturali con cui venne interpretato durante il XVII secolo. Il viaggio nella Roma cosmopolita, al centro di una fitta rete di rapporti che superano i confini nazionali e culturali, prosegue poi articolandosi in varie sale alla scoperta di opere d’arte firmate da grandi maestri del tempo, come Gian Lorenzo Bernini e Pietro da Cortona. Tra tutte colpisce “Cesare che rimette Cleopatra sul trono” (circa 1637) di Pietro da Cortona, prestato alla mostra dal Musée des Beaux-Arts di Lione, che evoca in modo mitico l’Egitto. Di particolare interesse è poi la sezione “Roma e la diplomazia globale'”in cui viene declinato il rapporto con le culture islamiche, dalla Persia all’impero Ottomano, fino alle relazioni con le comunità cristiane nel Giappone del primo Seicento. Realtà testimoniata dal ritratto di Ali-qoli Beg, ambasciatore persiano a Roma nel 1609 della pittrice Lavia Fontana: si tratta di un capolavoro riscoperto di recente e mai presentato al pubblico prima di questa occasione. Ampio spazio viene anche dedicato a Bernini. A spiccare è la commissione della Fontana dei Fiumi a piazza Navona, il più celebre soggetto “globale”di tutta l'iconografia barocca. Viene esposto, pertanto, il modello di presentazione in terracotta, legno intagliato, ardesia, oro e argento del 1647-50, proveniente dalla collezione Forti Bernini - Eredi Bernini. L’ultima sezione, “Roma crocevia di culture”, è dedicata ai ritratti di Robert Shirley, il cattolico inglese ambasciatore di Persia e di sua moglie, Teresia Sampsonia, una donna circassa, anch’ella cattolica, sposata da Shirley in Persia. I due ritratti, dipinti da Anthony Van Dyck a Roma nel 1622 ma mai tornati in Italia prima d'ora, sono un prestito del National Trust inglese. L’ultima opera esposta è il dipinto “Annibale che attraversa le Alpi” di Nicolas Poussin, datato al 1630 circa, che narra una storia tutta romana, eppure eminentemente transnazionale. Anche quest’opera, tornata per la prima a volta nella città dove venne realizzata, va in realtà considerata come un ritratto: rappresenta infatti l'effige dell’elefante Don Diego che, nato in India, attraversò due continenti per arrivare fino a Roma. “Con questa mostra, interamente dedicata alla dimensione globale delle politiche pontificie nel Seicento, le Scuderie del Quirinale intendono contribuire alla programmazione culturale della città nell’anno del Giubileo, proponendo una lettura della missione universale e cosmopolita della Città Eterna in grado di valicare i compartimenti della storia e, insieme, di farsi prezioso elemento di riflessione per il presente”, sottolinea Matteo Lafranconi, direttore delle Scuderie del Quirinale.

Maria Lucia Saraceni

( 11 aprile 2025 )

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