Il suo nome è indissolubilmente legato al commissario Jules Maigret, della Polizia Giudiziaria di Parigi. Ma Georges Joseph Christian Simenon, nato a Liegi nel 1903 e morto a Losanna nel 1989, è molto altro, tanto da essere considerato uno dei più grandi autori della letteratura di ogni tempo. Se i romanzi polizieschi (75 più 28 racconti) gli hanno dato la notorietà e un certo benessere economico, il resto della sua sterminata produzione, che viene catalogata sotto la dizione di “romans dur” (romanzi duri), ha contribuito a consegnarlo all’immortalità.
A questo straordinario scrittore, che come pochi ha saputo entrare nel profondo dell’animo umano, rivelandone gli aspetti più brutali e nascosti, nonché le debolezze, è dedicata la mostra “Otto viaggi di un romanziere”, allestita dalla Cineteca di Bologna negli spazi della Galleria Modernissimo, a pochi metri da Piazza Maggiore. L’esposizione, curata da Gian Luca Farinelli e dal figlio di Simenon, John, conta quasi 2 mila pezzi, sarà visitabile fino all’8 febbraio 2026 ed è il frutto di un lavoro decennale prevalentemente sull’archivio custodito dalla famiglia (cinetecadibologna.it).
La scelta di realizzare qui questo progetto non è casuale perché il legame tra Simenon e l’Italia è forte: secondo l’Unesco è l’autore più tradotto nel nostro Paese dopo Shakespeare, mentre la Mondadori, nel 1932, è stata la prima casa editrice non francofona a pubblicarlo. A fare crescere la popolarità di Maigret ha poi contribuito la trasposizione televisiva delle sue inchieste, in un fortunato ciclo di sceneggiati realizzati dalla Rai fra il 1964 e il 1972 (curati, fra gli altri, da Andrea Camilleri), con il commissario parigino interpretato da un magistrale Gino Cervi, affiancato, nel ruolo della moglie, da Andreina Pagnani.