Quante volte si sente dire che le discipline umanisti che non servono a nulla. Come amava ripetere il mio maestro a lezione, Sergio Belardinelli, questo è certamente vero. A patto di intendersi però sul concetto di utilità. Se ragioniamo in termini di utilità immediatamente visibile, è chiaro come la medicina, la chimica, la fisica, e molte altre discipline, dimostrino il proprio ruolo imprescindibile nella vita dell’uomo. Ciò non succede, invece, per le scienze sociali e soprattutto quelle umanistiche, come per esempio la storia, la geografia, la filosofia. Si può benissimo vivere, poniamo, non sapendo la data di un avvenimento, oppure dove si trova una città, o ancora non conoscendo il pensiero di Platone. Difficilmente può essere negato. Eppure, a uno sguardo un po’ meno superficiale, le cose si complicano. Non si può affermare, con tutta evidenza, che la filosofia salvi la vita all’uomo come la medicina. Solo uno stolto potrebbe sostenerlo. Proviamo però un attimo a riflettere su un pensiero di Sir Isaiah Berlin: «Il fine della filosofia è sempre il medesimo: consiste nell’aiutare gli uomini a capire se stessi e quindi a operare alla luce del giorno e non, paurosamente, nell’ombra».