Dall’antichità ad oggi l’uomo ha sempre sentito il bisogno di credere nell’esistenza di un aldilà in cui continuare a vivere dopo la morte; un bisogno che miti e religioni hanno cercato di soddisfare, come ultima speranza a cui non poter rinunciare, trasformando spesso questo mondo “immaginario” in un luogo di sperimentazione poetica. La letteratura fin dalle sue origini ci ha consegnato molte testimonianze di viaggi nel mondo dell’aldilà, dalla νέκυιαb (Nekyia) di Odisseo (per interrogare i morti), alla catabasi di Enea (necessaria per raggiungere una maggior consapevolezza di sé e del proprio destino), dalla discesa di Eracle come prova da superare, a quella di Teseo e Piritoo (un atto di βρις, hybris, arroganza che li porta a non ritornare più tra i vivi), cosa che accade sia pur in modo diverso a Orfeo che pecca della presunzione di voler strappare dalla morte chi è inevitabilmente condannato a morte. I primi resoconti sull’aldilà risalgono al III millennio a.C. e si susseguono fino all’Alto Medioevo, riflettendo le diverse visioni delle civiltà e delle divinità che si avvicendano nel tempo. Ogni religione propone leggi e rappresentazioni differenti dell’oltretomba, spesso contrastanti tra loro, fino all’affermazione del cristianesimo nel I sec. d.C., quando, sostituito progressivamente il pantheon pagano, viene ristrutturato lo spazio metafisico del regno dei morti.