Mercoledì 22 ottobre 2025, ore 2:53

Global

Dalla Cina agli Usa, la prima delocalizzazione al contrario

All’inizio era l’Europa che, insieme agli Stati Uniti, sviluppò un fiorente settore manifatturiero. Successivamente, dopo la seconda guerra mondiale, i cicli produttivi si sono riprodotti in Asia, dove paesi come Giappone e Sud Corea hanno potuto finanziare il loro sviluppo attraverso produzioni a basso costo per il mercato occidentale. E’ poi venuto il turno della Cina che, in egual misura, puntando sulla produzione a basso costo, ha potuto finanziare la crescita e puntare successivamente allo sviluppo di un mercato interno. I prossimi che vorrebbero salire sulla scala dello sviluppo tradizionale sono paesi attualmente molto poveri come Myanmar, Bangladesh, Cambogia. Paesi dove, non a caso, si cominciavano a registrare i primi fenomeni di delocalizzazione produttiva, facilitati dall’aumento dei salari in Cina. Il manifatturiero come trampolino dello sviluppo: un percorso quasi scontato per oltre un secolo che potrebbe però ora subire una battuta d’arresto definitiva, lasciando molti paesi fuori dall’itinerario classico dello sviluppo industriale. Le delocalizzazioni stanno, infatti, rallentando e, se il trend dovesse confermarsi, potrebbero arrestarsi in maniera definitiva nelle prossime decadi. Una rivoluzione epocale dovuta ai nuovi fenomeni di automazione: se il costo del lavoro dovesse abbattersi per via dell’utilizzo degli automi, non ci sarebbe più alcuna necessità per le aziende di andare a delocalizzare le loro produzioni nei paesi in via di sviluppo.

E i primi segnali di questo processo sono già visibili. L’Adidas ha appena “rimpatriato” una parte della produzione di calzature in una “speedfactory” ad elevato tasso di automazione in Germania e già pensa ad aprire una nuova fabbrica similare negli Stati Uniti. Il trend alla delocalizzazione potrebbe essere non solo invertito ma addirittura rivoluzionato come dimostra il caso della Shandong Ruyi Technology Group Co. L’azienda cinese ha annunciato un investimento di 410 milioni di dollari nell’apertura di una fabbrica tessile negli Stati Uniti.

(Articolo completo di Manlio Masucci domani su Conquiste Tabloid)

( 20 luglio 2017 )

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