Ne avevamo già scritto proprio nell’ottobre 2023, appena dopo il brutale attacco di Hamas contro Israele avvenuto il 7 ottobre di quell’anno. Ma il risveglio dei media in questi giorni ci spinge a ricordare che la risposta di Netanyahu - che come un bulldozer spiana Gaza - era in realtà già contenuta in documenti del 2017. Avevamo citato un lungo articolo del quotidiano locale israeliano Sicha Mekomit che ha destato scalpore rivelando un piano di deportazione dei palestinesi - soprattutto in Egitto - sostenuto dall’avvocato e politico israeliano, membro della Knesset, leader del Partito Sionista Religioso di estrema destra, Bezalel Smotrich. Il piano “decisivo” era datato dicembre 2022 ma già nel 2017 l’ allora giovane membro della Knesset al suo primo mandato, pubblicò già il suo piano, che presenta ai palestinesi tre opzioni: continuare a vivere sulla propria terra in uno status inferiore, rinunciando a qualsiasi ambizione nazionale, importando il governo dell’Autorità Palestinese o facendo crescere un altro governo arabo locale come alternativa a Hamas; emigrare dalla propria terra; oppure, se scelgono di restare e combattere, verranno tutti riconosciuti come terroristi e affrontati con tutta la forza dell’esercito. Il tema è molto attuale alla luce della proposta di 38 pagine, intitolata Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation Trust (o Great Trust), che circola all’interno dell’amministrazione Trump alla Casa Bianca. Il Washington Post ha ottenuto una copia e l’ha pubblicata il 31 agosto 2025, rivelando dettagli che allineano perfettamente con le dichiarazioni passate di Trump su Gaza come “Riviera del Medio Oriente”. Il documento di Smotrich fu presentato al governo neppure dopo una settimana dalla strage, il 13 ottobre, dal Ministero dell’Intelligence israeliano e raccomandava l’occupazione di Gaza e il trasferimento totale dei suoi 2,3 milioni di abitanti nella penisola egiziana del Sinai, opzione preferita tra le tre alternative già citate. Secondo un attivista di destra, la fuga del documento sarebbe stata in realtà un tentativo di scoprire se “l’opinione pubblica in Israele è pronta ad accettare l’idea di un trasferimento da Gaza”. Lo ricordava bene nel 2023 anche la rivista online +972 (rivista online indipendente e senza scopo di lucro, gestita da un gruppo di giornalisti palestinesi e israeliani fondata nel 2010), che citava il parlamentare di estrema destra, ora ministro delle Finanze israeliano e capo supremo del governo in Cisgiordania, rivelando che “l’intrinseca contraddizione tra le aspirazioni nazionali ebraiche e palestinesi non consente alcun tipo di compromesso, riconciliazione o divisione. Invece di coltivare l’illusione che un accordo politico sia possibile, sosteneva, la questione deve essere risolta unilateralmente una volta per tutte”. Così disse Smotrich. “Nella misura in cui ha ricevuto una qualche attenzione pubblica, il Piano Decisivo - scrive la rivista - è stato percepito fin dalla sua pubblicazione come delirante e pericoloso persino tra i principali commentatori politici israeliani. Eppure, un esame degli attuali media e del dibattito politico israeliano mostra che, quando si tratta dell’attuale attacco dell’esercito a Gaza, gran parte dell’opinione pubblica ha completamente interiorizzato la logica del piano di Smotrich. Di fatto, l’opinione pubblica israeliana nei confronti di Gaza, dove la visione di Smotrich viene attuata con una crudeltà che nemmeno lui avrebbe potuto prevedere, è ora ancora più estrema del testo stesso del piano. Questo perché, in pratica, Israele sta eliminando dall’agenda la prima possibilità offerta - quella di un’esistenza ’inferiore’ - che fino al 7 ottobre era l’opzione scelta dalla maggior parte degli israeliani”. Oggi, anche questa opzione non è più soddisfacente, lasciando gli israeliani a schierarsi dietro un nuovo ultimatum per Gaza: emigrazione o annientamento. Fin dal 2017 l’emigrazione è stata proposta sotto forma di piani per il trasferimento di massa dei palestinesi fuori dalla Striscia, che sono attualmente in seria considerazione da alti funzionari e politici israeliani. “Per una parte significativa dell’opinione pubblica israeliana, i palestinesi sono più facili da spostare dei mobili di un soggiorno”. Dato che espellere la popolazione di Gaza è perfettamente sensato per buona parte degli israeliani, il rifiuto dei palestinesi di sottomettersi alla potenza del regime israeliano è percepito come una minaccia esistenziale e rappresenta una ragione sufficiente per il loro annientamento. “Non è solo la logica di Smotrich - scrive +972 (il nome del sito deriva dal prefisso telefonico nazionale che può essere utilizzato per chiamare in tutta Israele-Palestina) - ad essersi radicata nel cuore dell’opinione pubblica dal 7 ottobre, ma anche la sua retorica”. Il processo di “smotrichizzazione” e di interiorizzazione della sua logica decisiva è già stato completato. Le implicazioni di ciò per la possibilità di riabilitare la società israeliana dopo la guerra e di porre nuovamente le basi per una società condivisa sono difficili anche solo da immaginare. Il governo stava certamente cercando di accelerare i tempi fin dal luglio 2023 - scrive la rivista - ma le basi per gran parte di ciò che vediamo oggi sono state gettate decenni fa. Le intenzioni dell’attuale governo di estrema destra per la Cisgiordania erano chiare fin dall’inizio. Le sue linee guida fondative affermavano il “diritto esclusivo e indiscutibile del popolo ebraico a tutte le parti della Terra d’Israele”, ovvero tutto il territorio tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo, che circa 7 milioni di ebrei israeliani condividevano con un numero pressoché uguale di palestinesi. Nel 2015, Peace Now aveva ottenuto dati dal Ministero dell’Edilizia Abitativa che rivelavano che, dal 2012, erano stati avanzati progetti per oltre 55.000 unità abitative aggiuntive per cittadini israeliani in Cisgiordania, che includevano la creazione di due nuovi insediamenti. Se colleghiamo i punti, il quadro sarà più chiaro. Degli ostaggi israeliani, abbandonati al loro destino nella furia dell’esodo, sembra si siano ormai perse le tracce. E quella che di fronte alle immagini di atrocità commesse viene liquidata come una ’Pallywood’, sorta di Hollywood palestinese, forse diventerà più nitida, come le immagini della Polaroid durante lo sviluppo, suggerendo - conclude +972 - “anche qualcos’altro: il riaffiorare esitante di imbarazzo, e forse persino di vergogna, in alcuni segmenti della popolazione israeliana”. “Quanto costa Israele di Netanyahu agli ebrei americani? La legittima risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre si è trasformata in qualcosa che viola ogni principio etico che l’ebraismo ritiene sacro”, taglia corto Michael Schiffer, che ha ricoperto il ruolo di assistente amministratore presso l’Usaid dal 2022 al 2025 e di vice assistente segretario presso il Dipartimento della Difesa. “Dobbiamo riconoscere che l’occupazione ha corrotto la democrazia israeliana e tradito gli ideali sionisti. Dobbiamo esigere che gli aiuti americani siano accompagnati da condizioni che proteggano sia i civili israeliani che quelli palestinesi. Dobbiamo sostenere le voci all’interno di Israele che chiedono giustizia, piuttosto che quelle che chiedono vendetta. La guerra a Gaza ha rivelato qualcosa di profondamente inquietante su ciò che Israele è diventato sotto la guida di Benjamin Netanyahu. Ciò a cui stiamo assistendo non è solo una campagna militare andata male, ma il trionfo di una mitologia distruttiva, il Complesso di Masada: il governo di Netanyahu ha abbracciato una logica di punizione collettiva che tratta la sofferenza palestinese non come una tragica conseguenza di un’azione necessaria, ma come una risorsa strategica. Ciò rappresenta un profondo tradimento degli insegnamenti etici ebraici, una mentalità da assedio che glorifica il vittimismo, santifica l’autodistruzione come eroismo e trasforma ogni sfida in una battaglia esistenziale che giustifica qualsiasi risposta, non importa quanto moralmente fallimentare”.
Raffaella Vitulano