Giovedì 18 settembre 2025, ore 2:51

Economia

Questa UE va troppo piano. Draghi: a rischio la sua sovranità

La tabella non marcia. Bruxelles ha riaperto le braccia a Mario Draghi per fare il punto sulla sua agenda. “Caro Mario”, esordisce (in italiano) Ursula von der Leyen aprendo la conferenza dedicata al Rapporto sulla competitività dell’ex presidente del consiglio, “avevi posto come condizione di scrivere un piano d’azione, ed era esattamente quello che cercavamo: tu e la tua squadra avete investito un anno intero per analizzare i punti di forza dell'Europa, le sue carenze e come affrontarle”. Investimento che per ora non ha portato risultati. La “visione”, il “rigore” e il suo “servizio all’Europa”, non hanno, infatti, smosso il moloch. Draghi contraccambia baci e abbracci del presidente della Commissione, ma poi va diritto al punto. “Un anno dopo, l'Europa si trova in una situazione più difficile”. Il modello europeo di crescita “sta svanendo”, e in parallelo “le vulnerabilità stanno aumentando: non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno”. L’inazione dell’Unione europea, non solo minaccia “la nostra competitività, ma anche la nostra stessa sovranità”. Continuare ad agire “come al solito” significa, allora, “rassegnarsi a restare indietro”. Le aziende, fa notare, sono “frustrate” e “deluse dalla lentezza dell’UE”, poiché “ci vedono incapaci di tenere il passo con la velocità del cambiamento che si vede altrove: sono pronti a fare la loro parte, ma temono che i governi non abbiano compreso la gravità del momento”. Che richiede, avverte, di rispondere alle sfide “nel giro di mesi, non di anni”, perché “tempi straordinari richiedono azioni straordinarie”. E anche una concorrenza straordinaria, e particolarmente aggressiva, impone soluzioni e visioni d’insieme. “Gli Stati Uniti, ricorda, hanno imposto le tariffe più elevate dall'era Smoot-Hawley, e la Cina è diventata un concorrente ancora più forte”. USA e Cina, osserva Draghi, “sono molto meno vincolati, anche quando agiscono nel rispetto della legge”, mentre è sempre più evidente che “la capacità di risposta dell'Europa sia limitata dalle sue dipendenze, anche se il nostro peso economico è considerevole”. In alcuni settori, come quello automobilistico, gli obiettivi di Bruxelles, rileva, ”si basano su presupposti che non sono più validi”. La scadenza del 2035 per le emissioni zero, rammenta, “è stata concepita per innescare un circolo virtuoso e obiettivi chiari, che avrebbero spinto gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, fatto crescere il mercato interno, stimolato l'innovazione e reso i modelli elettrici più economici”. Si prevedeva “che batterie, microchip si sviluppassero parallelamente, ma ciò non è avvenuto”. Draghi insiste nella necessità di “considerare un debito comune per progetti comuni, sia a livello UE, sia tra una coalizione di Stati membri, per amplificare i benefici del coordinamento”. Una formula che, anche se “non amplierebbe magicamente lo spazio fiscale”, permetterebbe però “di finanziare progetti più grandi in settori che aumentano la produttività, come innovazioni, tecnologie su larga scala, ricerca e sviluppo per la difesa o energia, dove la spesa nazionale non è più sufficiente”. 
Pierpaolo Arzilla

( 16 settembre 2025 )

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