Due “no”, che non sembrano un buon segnale. Ciò nonostante da Mosca fanno sapere che si è “sul punto” di raggiungere un accordo per mettere fine alla guerra. Nel mezzo, i due paletti della Russia e di Kiev. Dopo il vertice di Berlino, Zelensky ha ribadito che “l'Ucraina non riconoscerà il Donbass come territorio russo, né de jure né de facto”. Il compromesso offerto dagli americani, e cioè una zona economica libera “non significa - ha precisato il presidente ucraino - sotto la guida delle Federazione Russa. Noi non vogliamo rinunciare al nostro Donbass”. Il che significa che “la” questione, cioè quella territoriale, non ha ancora trovato un consenso unanime. Putin, del resto, è stato categorico: ci date tutto il Donbass e questa guerra finisce. Mosca, da par suo, ribadisce i suoi di paletti: ”Non sottoscriveremo, accetteremo o saremo nemmeno soddisfatti di alcuna presenza di truppe Nato sul territorio ucraino”, ha affermato il viceministro degli esteri, Sergej Ryabkov, in un'intervista a ABC News. La Russia non accetterà militari dell'Alleanza atlantica su suolo ucraino, anche se fossero parte di una forza multinazionale o come membri della coalizione dei “volenterosi” (Francia, Germania e Regno Unito). Ryabkov ha poi confermato che la Russia non ha intenzione di fare concessioni su Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson e Crimea: “Non possiamo assolutamente scendere a compromessi” su queste regioni. Una volta riaffermati i principi base che hanno avviato “l’operazione miliare speciale” di quasi 4 anni fa, Ryabkov ha poi però aggiunto che le parti sono “sul punto di raggiungere un accordo il prima possibile” per fermare la guerra, confermando quindi quanto dichiarato ad alcuni organi di stampa da funzionari anonimi dell’amministrazione USA, secondo cui “letteralmente il 90 per cento” delle questioni tra Russia e Ucraina è stato risolto. È evidente però che quel 10 per cento può ancora cambiare o rovesciare tutto, o quantomeno rappresentare un pretesto ideale per continuare a far sì che le 2 rette parallele di Kiev e Mosca non si incontrino mai. Un 10 per cento che intanto ha convinto Putin ad andare avanti con i bombardamenti anche nei giorni di Natale. “Se gli ucraini vogliono dare priorità a soluzioni a breve termine e irrealistiche rispetto a un accordo, è improbabile che saremo disposti a partecipare”, ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, in merito a una possibile tregua natalizia. “Vogliamo la pace - ha aggiunto - non un cessate il fuoco, che essenzialmente darebbe una tregua all'Ucraina e aprirebbe la strada alla ripresa delle ostilità”, riporta la TASS. Per Zelensky “non basta costringere la Russia a un accordo. Non basta farla smettere di uccidere. Dobbiamo far accettare alla Russia che nel mondo ci sono delle regole e che non può ingannare tutti. Questa è la strada per una pace duratura”, ha detto intervenendo al Parlamento olandese. Si ribadisce, in sostanza, che prima di qualsiasi discussione sul territorio servono “solide garanzie di sicurezza” per l’Ucraina. Una posizione riaffermata dalla Francia, dopo la proposta di lunedì a Berlino dei leader europei sull’istituzione di una “forza multinazionale per l’Ucraina”, composta da “nazioni disponibili e supportata dagli Stati Uniti”, che sostenga un esercito ucraino composto almeno da 800mila soldati, oltre a ”un meccanismo di monitoraggio e verifica del cessate il fuoco guidato dagli USA”. Proposte che il Cremlino afferma di non aver ancora visionato. “Quando le vedremo, le analizzeremo”, ha assicurato Peskov. Via libera all’Aja, intanto, alla commissione internazionale per il risarcimento dei danni di guerra all’Ucraina. Il nuovo organismo dovrà quantificare i danni dell'invasione russa ed esaminare le richieste di risarcimento sulla base del registro dei danni che conta già oltre 86 mila segnalazioni. Il fondo per i risarcimenti verrà istituito nel 2026 e potrebbe essere finanziato anche con gli asset russi congelati.
Pierpaolo Arzilla

