Circa 350mila ingressi nel pubblico impiego tra il 2022 e il 2023. A tanto ammontano le assunzioni su cui c’è l’impegno ufficiale del ministero della Funzione Pubblica. Un passo avanti, dopo anni di blocco del turnover e mancanza di investimenti. Ma ancora poco per compensare le uscite previste nei prossimi anni, per abbassare l’età media da record europeo dei lavoratori pubblici italiani e per ammodernare il sistema con nuove competenze. Qualcosa si muove, come detto. Già con il ministro Brunetta è stata avviata una ripresa massiccia dei concorsi pubblici, spinta anche dalla necessità di personale qualificato per la realizzazione del Pnrr e agevolata dallo sblocco del turnover. Ma gli ingressi sono ancora insufficienti. Entro il 2030, sottolineano i sindacati della funzione pubblica, 1 milione di dipendenti della Pa lascerà il lavoro per andare in pensione, a un ritmo di circa 150mila persone l’anno.
Il lavoro pubblico dunque c’è ma per rinnovarlo serve un piano di assunzioni straordinario. E non solo. Bisognerà rendere più attraente il lavoro pubblico, soprattutto perché a vincere i concorsi sono in media i 40enni, che tendenzialmente hanno un lavoro, anche se spesso precario. Al momento lo Stato offre un posto, ma non sempre un contratto a tempo indeterminato, con stipendi piuttosto bassi. Tutto ciò tende ad allontanare dal pubblico i profili specializzati, che solitamente non hanno difficoltà a trovare lavoro nel settore privato.
Il lavoro pubblico deve, dunque, tornare a essere più ambito. Nel 2022 solo il 40% dei concorsi ha visto una copertura totale dei posti disponibili. Secondo i dati contenuti nella Relazione Formez, nel 2021-2022 due candidati su dieci hanno rinunciato al posto statale a termine, quasi uno su dieci a quello a tempo indeterminato. Persino il sogno del posto fisso si è appannato. Emblematico il caso del concorso pubblico per 800 esperti (economici, giuridici, informatici, statistici, matematici, ingegneri erano le figure cercate) da assumere con contratto a tempo determinato per la realizzazione del Pnrr, che ha visto ben 400 rinunce. Va detto che sono spesso le amministrazioni pubbliche a contendersi i candidati. I vincitori di un concorso, che hanno partecipato anche ad altre selezioni, si ritrovano a poter scegliere il posto migliore, prediligendo il tempo indeterminato. La fuga dai posti pubblici è favorita, ovviamente, ance dalle condizioni lavorative del privato, che sono più vantaggiose per i lavoratori privati. Non solo. Al Nord e nelle aree metropolitane dove la vita è più cara, gli stipendi pubblici non sono competitivi. A fronte di uno stipendio più alto, le persone preferiscono lavorare nel privato piuttosto che per lo StatoIl posto statale, a differenza che nel passato, non viene più considerato come un'assicurazione sulla vita in grado di garantire il pieno di diritti e di tutele.
Ilaria Storti