Martedì 22 ottobre 2024, ore 5:03

Politica

Premierato all’italiana: riforma in cinque punti

L'elezione diretta del premier dopo 10 mesi arriva alla penultima casella. Oggi la riforma costituzionale sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri, dopo il via libera dei leader di maggioranza riuniti a Palazzo Chigi con la premier Meloni. A quel punto per il disegno di legge costituzionale si aprirà la strada del Parlamento, con i suoi quattro passaggi tra Camera e Senato. Per la ministra delle Riforme Casellati si tratta di ”un grande passo avanti che consentirà alla riforma delle riforme di dare stabilità al Paese e restituire centralità al voto dei cittadini”. Superate dunque le tensioni che negli ultimi mesi hanno messo in contrapposizione il premierato - considerata una legge bandiera di Fratelli d'Italia - con la riforma dell'autonomia spinta dalla Lega e che potrebbe avere il primo ok del Senato entro la fine dell'anno. 
Nei contenuti, il ddl costituzionale è una riforma snella, racchiusa in cinque articoli che, nelle intenzioni della maggioranza, dovrebbe entrare in vigore dalla prossima legislatura. Intanto, appunto, l’elezione del premier. La riforma modifica tre articoli della Carta: l’articolo 88 sul potere del capo dello Stato di sciogliere le Camere; l’articolo 92 sulla nomina del premier; e l’articolo 94 sulla mozione di fiducia e sfiducia al Governo. In sostanza, dalla prossima legislatura il capo del Governo verrebbe eletto dai cittadini in un unico turno, per 5 anni, con una scheda unica. Novità sul premio di maggioranza: previsto un sistema elettorale maggioritario con un premio del 55% assegnato su base nazionale che assicurerebbe il 55% dei seggi nelle Camere ai candidati e alle liste collegate al candidato premier eletto. Quanto ai poteri del capo dello Stato, a lui non spetterebbe più il potere di nomina del premier (come prevede oggi l'articolo 92), ma quello di conferire l'incarico al premier eletto, mentre manterrebbe il potere di nomina dei Ministri, su indicazione del capo del Governo. C’è poi la norma anti ribaltone: nel caso in cui il premier si dimetta o decada dal suo ruolo, il presidente della Repubblica può assegnare l'incarico di formare un nuovo Governo al premier dimissionario o a un altro parlamentare eletto e collegato al presidente del Consiglio. Un modo per garantire continuità alla legislatura, senza ricorrere al voto e che farebbe saltare il meccanismo della sfiducia costruttiva. Al momento non si sa se la novità resterà nel testo definitivo. Infine, lo stop ai senatori a vita: nel caso la riforma fosse approvata salterebbe anche un'altra prerogativa del presidente della Repubblica, ossia il potere di nominare i senatori a vita. In ogni caso la riforma garantirebbe che gli attuali senatori restino in carica fino alla fine del proprio mandato. 
IL ddl costituzionale anche è il frutto delle consultazioni che Casellati ha avviato a gennaio con tutti i gruppi parlamentari. Confronti incrociati da cui è emersa la preferenza per il premierato, anche da parte delle opposizioni. Ma il risultato nel dettaglio non piace affatto a Pd, M5s e Sinistra italiana, convinti che, sbandierata come la riforma che darà la stabilità spesso mancata ai Governi italiani, in realtà ”stravolga pericolosamente” gli equilibri della Costituzione. E a farne le spese, secondo le minoranze, sarebbe il capo dello Stato a cui ”la destra toglie forza e autorevolezza”. Tranchant il capogruppo del Pd al Senato Boccia, nel dire che è ”una riforma costituzionale che scassa la democrazia italiana”. Altrettanto netto il M5s contro ”"un autentico pastrocchio costituzionale che confonde l’'ingegneria costituzionale con l'avventurismo di dilettanti allo sbaraglio”. Si associa Fratoianni, Avs, che annuncia battaglia parlamentare. Tra le opposizioni unica voce fuori dal coro quella di Italia Viva: ”Se Meloni porta la riforma costituzionale con l'elezione diretta del premier, noi ci siamo in coerenza con le nostre convinzioni”, fa sapere Renzi. 
Giampiero Guadagni

( 2 novembre 2023 )

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