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Riaperta a Perugia la Galleria nazionale dell'Umbria -3-

Roma, 22 lug. (askanews) - "La loggia dell'Alessi (sala 11). Uno spazio ritrovato, riportato alla sua originaria funzione di loggia. Non è aperta, ma le grandi vetrate sono più che sufficienti affinché la luce del sole e i tetti di Perugia possano affacciarsi sulle sculture di Agostino di Duccio. Il polittico di Sant'Antonio di Piero della Francesca (sala 13). Probabilmente l'opera più rappresentativa dell'intera collezione. Opera capolavoro di un artista che incarna pienamente gli ideali del Rinascimento. Pittore, matematico, architetto. Artista totale che ha lasciato un segno indelebile nella storia. Le già citate sale del Perugino (16 e 23). La Sala Farnesiana (sala 19). Un ciclo di affreschi sul soffitto, un grande divano per sdraiarsi a osservarli. Superfluo aggiungere altro - si legge ancora nella nota - Ductus (sala 20). Con grafite e inchiostro indiano l'artista contemporaneo Roberto Paci Dalò ha realizzato Ductus. Una timeline che in maniera precisa ma ironica ripercorre le tappe fondamentali della storia di Perugia e del Museo. Pinturicchio (sala 24). Così chiamato per via della sua bassa statura (Pictoricius), Pinturicchio è insieme a Perugino il pittore più iconico del rinascimento umbro. Un'intera sala è dedicata al suo capolavoro: la Pala di Santa Maria dei Fossi. Al suo fianco dei pannelli multimediali ne esaltano i dettagli. Il risultato è una visione caleidoscopica, didattica e suggestiva al tempo stesso. Raffaello a Perugia (sala 25). Una stanza dedicata a Raffaello, anche se non c'è nemmeno un'opera di Raffaello. Poco male: le tracce della sua presenza (un tempo erano almeno sei le sue opere presenti in Umbria, ora tutte disperse) riecheggiano nei dipinti degli artisti che a lui hanno guardato. Aldo Capitini (sala 34). Un intellettuale d'altri tempi, fuori dai dibattiti superflui ma fine pensatore. Nella sala numero 34, chiamata dell'orologio (per via del grande orologio di cui si ammira il retro), Capitini scrisse saggi filosofici, pedagogici, politici, sulla nonviolenza, sulla democrazia diretta, sull'esperienza religiosa, sul vegetarianismo, sull'obiezione di coscienza. Una figura da riscoprire assolutamente, a maggior ragione nei luoghi che furono suoi. Il Novecento (sala 39). Una sala destinata ad assomigliare quasi a una mostra temporanea, con le opere che ruotano a seconda delle occasioni. Una di queste è la concessione in prestito di Nero di Alberto Burri, affiancata a un'altra sua opera: Bianco e nero C2. E poi Tramonto lunare di Gerardo Dottori, Andi(i)Rivieni, 1970 di Dorazio e Bissau Hotel à Jaipur del ternano Alberto Mecarelli. Un segno visibile che la storia dell'arte umbra arriva forte fino a noi".

( 22 luglio 2022 )

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