Martedì 13 maggio 2025, ore 10:32

Banche

Bancari: sindacati e Abi decidono nuova proroga del contratto

Nuova proroga per il contratto nazionale dei bancari scaduto a fine 2022. Sindacati e Abi lo hanno deciso al termine dell’incontro che si è svolto ieri pomeriggio in videoconferenza. La proroga scadrà il 30 aprile ed ha l’obiettivo di consentire la prosecuzione delle trattative sul rinnovo. Come si legge nel verbale stilato al termine dell'incontro, sindacati e Abi “concordano che gli incontri che si svolgeranno tra le parti entro il 30 aprile 2023 si considerino convenzionalmente come se si fossero svolti entro il 31 dicembre 2022" ad ogni conseguente effetto, con la conseguente “mera” sospensione, fino al 30 aprile 2023, dei termini al 31 dicembre 2022. Eventuali accordi che dovessero essere raggiunti nei prossimi due mesi avranno come decorrenza il 1° gennaio di quest’anno. Dall’accordo raggiunto ieri non derivano effetti di proroga o di ultrattività di disposizioni scadute al 31 dicembre del 2022. Per le prestazioni lavorative rese dai lavoratori fino al 30 aprile 2023 troveranno integrale applicazione i trattamenti economici e normativi previsti dal contratto siglato a fine 2019 che è scaduto alla fine dell’anno scorso e che riguarda circa 270mila lavoratori. Il tema del rinnovo del contratto è stato al centro anche dell’Esecutivo di First Cisl che si è tenuto lunedì scorso. Al centro dell’intervento del segretario generale Riccardo Colombani occupazione e salari. All’interno del settore bancario l’occupazione è in declino da anni, ma vi sono alcuni segnali che lasciano pensare sia possibile arrestare l’emorragia. L’obiettivo di fondo, ha sottolineato Colombani, è mantenere almeno i livelli occupazionali voltando pagina rispetto al passato, portando il tasso di sostituzione al livello 1 a 1, ottenendo cioè una nuova assunzione per ogni uscita volontaria convenuta negli accordi sindacali ed anche sostituire le uscite per altre cause (quiescenza, dimissioni, ecc). Serve, in definitiva, un patto per l’occupazione. Per quanto riguarda le retribuzioni, la vera sfida è valorizzare entrambi i livelli della contrattazione, quella nazionale come quella aziendale. Il rapidissimo aumento dell’inflazione che ha contraddistinto il 2022 è il tema con cui le relazioni industriali - non solo nel settore bancario - sono chiamate a confrontarsi. Sarebbe sbagliato, però, lasciarsi tentare dalla scorciatoia di delegare alla sola contrattazione nazionale, attraverso il recupero dell’inflazione, il compito di promuovere la crescita del salario. L’effetto leva, che il rialzo dei tassi ha esercitato e continuerà ad esercitare sui conti delle banche, ci deve convincere della necessità circa il ruolo di primo piano che la contrattazione nei gruppi deve rivestire, al fine di redistribuire i risultati dell’aumento della produttività. Produttività che secondo le analisi dei bilanci condotte dalla Fondazione è in crescita costante: il margine primario pro capite – ha ricordato Colombani – è oltre i 200mila euro nei primi cinque gruppi bancari italiani. In parallelo, il rapporto tra costo del personale e proventi operativi è calato e presumibilmente scenderà in media sotto il 30% nel primo semestre di quest’anno. Si tratta di numeri che dimostrano, da un lato, il contributo decisivo del lavoro nel creare maggiore valore, ma che, dall’altro, evidenziano la sua sostanziale marginalizzazione. La maggior presenza sul territorio e la maggiore (in termini proporzionali) assistenza alle Pmi garantiranno, secondo Colombani, alle banche di minori dimensioni risultati migliori delle grandi banche. Bisogna quindi arrestare e ribaltare la tendenza a redistribuire i risultati esclusivamente agli azionisti: servono incrementi sostanziosi del salario contrattato collettivamente e non solo buyback e dividendi.
Carlo D’Onofrio

( 1 marzo 2023 )

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