Lunedì 2 ottobre 2023, ore 0:50

Lutto nel mondo della cultura

Addio a Domenico De Masi

di ENZO VERRENGIA

Si spegne Domenico De Masi, ma resta ad aleggiare il suo sorriso da stregatto bonario e saggio, sospeso in TV e nei dibattiti complessi e articolati di questo trapasso di millennio ancora ben lungi dall’essersi stabilizzato nella terza decade del nuovo secolo. Benché di nascita molisana, aveva qualcosa di quella napoletanità filosofica tanto amabile in Luciano De Crescenzo e prima di lui nel mitico professor Cutolo, precursore della divulgazione televisiva in fatto di mutamenti sociali e avvento della modernità. Come loro, De Masi non si poteva considerare un personaggio preconfezionato dai media. La sua carriera accademica e operativa all’interno delle strutture industriali più avanzate ne faceva il depositario di una conoscenza molto allargata delle tematiche lavorative, economiche e sociali. Dagli esordi all’università “Federico II” di Napoli, gioiello meridionale della ricerca calata nell’era globale, alle esperienze nel campo della formazione, per finire agli studi più avanzati della Sapienza, della sociologia dello sviluppo e del nuovo assetto del lavoro, Domenico De Masi costituiva un referente trasversale per qualsiasi piano, di qualsiasi governo, per traghettare l’Italia verso i nuovi paradigmi imposti da un mondo irreversibilmente interconnesso. Il suo pensiero è ben espresso in una sintesi: «Chi è maestro dell'arte di vivere distingue poco fra il suo lavoro e il suo tempo libero, fra la sua mente e il suo corpo, la sua educazione e la sua religione. Con difficoltà sa cos'è che cosa. Persegue semplicemente la sua visione dell'eccellenza in qualunque cosa egli faccia, lasciando agli altri decidere se stia lavorando o giocando. Lui, pensa sempre di fare entrambe le cose insieme». A chi riteneva, da sinistra e da destra, quasi epicurea e semplificatrice la sua visione solare di un processo di adattamento alle trasformazioni del lavoro, rispondeva: «Il lavoro, ridotto a un settimo della vita adulta, perde centralità; la forza lavoro si femminilizza; l'organizzazione del lavoro richiede più motivazione che controllo, più creatività che burocrazia, più etica che astuzia, più estetica che pratica, più equilibrio vitale che overtime, multitasking e reperibilità». Per concludere in modo decisamente nonconformista: «Ozio creativo: non si tratta di pigrizia o disimpegno ma di quello stato di grazia, comune a molte attività intellettuali, che si determina quando le dimensioni fondamentali della nostra vita attiva- lavoro per produrre ricchezza, studio per produrre conoscenza, gioco per produrre benessere si ibridano e si confondono consentendo l'atto e il prodotto creativo». La destrutturazione del tempo e dello spazio è la nuova, fortunata possibilità che consente di ibridare il lavoro con il tempo libero, lavorando per obiettivi, risparmiando tempo e spazio, riducendo la micro-conflittualità, l'inquinamento, la congestione e la manutenzione urbana, gli incidenti sul lavoro e nel traffico». Il De Masi-pensiero andava ben oltre le prefigurazioni utopiche di Herbert Marcuse e della Scuola di Francoforte. Lui aveva compreso e codificato l’ascesa di un’umanità non più a una dimensione, bensì l’esatto contrario, di nuove forme di aggregazione non più prigioniere dei dogmi strutturali marxisti, perfino libere di espandersi in inedite manifestazioni del genio: «Genio è una persona dotata di forte fantasia e, insieme, di forte concretezza. Essendo rari gli individui geniali, il loro ruolo può essere svolto dai "gruppi creativi" in cui convergono personalità molto fantasiose (anche se poco concrete) e personalità molto concrete (anche se poco fantasiose). Affinché concreti e fantasiosi possano collaborare creativamente, occorre che condividano la stessa mission, che siano motivati a raggiungerla, che siano guidati da un leader carismatico capace di imprimere entusiasmo al gruppo».

( 9 settembre 2023 )

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