Sabato 27 luglio 2024, ore 1:42

Mostre

Arte e Intelligenza Artificiale

di ELIANA SORMANI

Secondo gli esperti oggi ci troviamo di fronte ad una nuova rivoluzione industriale. Stiamo infatti vivendo una fase storica di dinamismo e transizione caratterizzata da una nuova ondata di sviluppo tecnologico in cui sempre più spesso si sente parlare di digitalizzazione, di ChatGPT e di Intelligenze Artificiali. Indipendentemente dalle opinioni che si possono avere in merito all’uso dell’intelligenza artificiale è innegabile che essa va a influenzare tutti gli aspetti delle nostre quotidianità, influenzando la società in cui viviamo, non solo con effetti positivi ma anche con possibili conseguenze negative su molte sfere del nostro sistema, aprendo un panorama futuro pieno di incognite. Non si può negare che le nuove generazioni si troveranno di fronte a breve termine a nuovi scenari in campo lavorativo, caratterizzati da professioni nuove e lavori oggi ancora inesistenti o alle prime battute. Se il mondo della scuola e il mondo del lavoro hanno iniziato a fare i conti con questi grandi cambiamenti epocali anche il mondo dell’arte ha iniziato a fare in primi passi all’interno di questa realtà. Per la prima volta in Italia a Monza presso la Villa Reale dal 1 settembre al 30 settembre viene presentato al pubblico “The Rigths from Future Generations – A Perspective on (A)rt and (I)nnovation”, un progetto artistico che propone un confronto diretto tra quella che è l’arte creata dall’uomo e quella creata con l’intelligenza artificiale attraverso un dialogo diretto tra opere create dagli artisti e opere prodotte dall’Intelligenza Artificiale (IA). L’esposi zione ideata da Francesco Stranieri e curata da Vittoria Mascellaro, organizzata dall’Associazione promozione sociale Riphethub Aps in collaborazione con il Consorzio della Villa Reale e del Parco di Monza, con il contributo del Comune di Monza, si sviluppa attraverso due percorsi in dialogo tra di loro, che hanno visto coinvolti non solo artisti ma anche giovani delle scuole superiori del territorio della Brianza, che si sono confrontati artisticamente con l’intelligenza artificiale attraverso attività laboratoriali legate ai temi dei diritti, dal diritto alla vita, all’identità, fino alle questioni ambientali, facendo uso di tecniche diverse. 24 opere, 12 composte dai giovani a mano e 12 dall’intelli genza artificiale esposte a copie, accolgono in una prima sala il visitatore ponendolo subito di fronte al dubbio sulla natura dell’opera, che non viene indicata ma è lasciata all’opinione del singolo, a cui è chiesto di azzardare un’ipotesi sulla sua origine partecipando poi ad un sondaggio. Questo al fine di far riflettere il visitatore sul valore dell’arte e su una sua possibile nuova visione.

Come dichiara l’Assessora alla cultura Arianna Bettin “Negli ultimi anni, l’av vento di software di intelligenza artificiale in grado di creare rappresentazioni grafiche sempre più accurate ed esteticamente valide sta mettendo in discussione la stessa definizione di “Arte” e sta suscitando profondi interrogativi etici …”, ma non si può aprire un dibattito senza conoscere.

Si inizia a parlare per la prima volta di intelligenza artificiale applicata all’arte nel 2014, quando Alexander Mordvintsev, un ricercatore di Google, sviluppò Deep-Dream, uno dei primi software di intelligenza artificiale (AI) progettato per scopi artistici. Già due anni dopo nel 2016, nella Google di Seattle, il Collettivo AMI (Artis+Machine Intelligence) organizzò la prima mostra di opere d’arte realizzate utilizzando reti neurali artificiali, con il titolo “DeepDream: The Art of Naural Networks”. Immediatamente dopo, nel 2018 a New York, la famosa casa d’aste Christie’s riuscì a vendere il Ritratto di Edmond de Belamy , un’opera realizzata dal collettivo Obvius, costituito da artisti e ricercatori interessati al GAN (Generative Adversarial Networks, in Italia conosciute come reti generative avversarie). Il collettivo raccolse 15 mila ritratti, realizzati tra il XVI e il XX secolo, un dataset ridotto che rese prevedibile il risultato, aprendo però uno dei dibattiti oggi più sentiti legato all’uso della macchina non solo come mezzo, come era considerata nella computer/digital art, ma come elemento parzialmente autonomo, in quanto parte del processo creativo che sfugge all’artista e viene delegato al software. Tesi sostenuta dal movimento artistico AI art. Molte rimangono le questioni ancora oggi aperte in particolare in merito al valore creativo di una macchina, all’identità del vero artista e al valore estetico di un’opera creata dall’intelligenza artificiale.

La mostra in oggetto ha proprio lo scopo di fare il punto sulla situazione offrendo uno sguardo ai vari modi di applicazione dell’intelli genza artificiale nel mondo dell’arte. Una sfida proposta da alcuni artisti per dimostrare come niente è più umano di un’intelli genza artificiale, che funge da strumento per creare qualcosa che è frutto tuttavia della mente dell’uomo e a volte appartiene proprio a quella sfera di immaginazione che persino la ragione non è in grado di afferrare. Un’occa sione per aprire un confronto e un dibattito pubblico.

La mostra per tutte queste ragioni non si esaurisce con i lavori degli studenti, proposti anche in forma digitale, ma prosegue con tre spazi dedicati a tre artisti che da anni si confrontano con l’intelli genza artificiale in modi diversi: Francesco D’Isa, Roberto Fassone e Andrea Meregalli.

Francesco D’Isa, filosofo e artista digitale, è presente in mostra con una serie di sintografie (prodotti creati o modificati grazie al linguaggio “prompt engineering”) della sua serie “Errori”. Sostenitore dei software “non come androidi antropomorfi con un’in telligenza e personalità propria, ma modelli algoritmici basati su enormi quantità di dati creati dagli umani” come dichiara Klingemann, presenta le sue sintografie quale dimostrazione tangibile di come possano nascere nuove opere d’arte dalla capacità dell’artista di “riconoscere e utilizzare stilemi e errori della macchina che nell’ubbidire ai comandi porta le uniche intelligenze in campo, ovvero le nostre, a inventare qualcosa di nuovo” come dichiara lui stesso, aggiungendo che “le IA sono umane, anzi sono troppo umane, sono uno strumento che emerge dai nostri dati. Nell’uomo essi ci abitano, ci vivono, mangiano dagli umani e rispondono agli umani. Sono la cosa più umana che ci sia.

E portano anche tutti i nostri difetti”. Le immagini che essi producono sono risultati di tutti quegli stereotipi che hanno recepito dai dati che hanno assorbito e forzati possono generare risultati deliranti che non hanno nulla a che vedere con ciò che si può ipotizzare. Noi possiamo, forzandole perciò, portarle in territori che ci erano ignoti. In questo senso l’IA è uno strumento nelle mani dell’uomo.

In una sala successiva sono invece presentati una video produzione e 10 poster di Francesco Fassone con il titolo “and We thought V”. Il progetto vuole mostrare le iterazioni uomo macchina in situazioni non ordinarie, per far vedere come le affinità tra le parti siano sempre più evidenti. Fassone ha ideato Ai Lai, un’intelligenza artificiale alimentata da resoconti di viaggi di persone che hanno assunto funghi allucinogeni. Come un essere umano Ai Lai ha imparato a compilare i propri resoconti psichedelici e Fassone da parte sua prendendo spunto dalle storie di Ai Lai, come a seguire il flusso al contrario, ha realizzato poster, film e musica, aprendo la possibilità di accedere a nuovi immaginari, al di fuori dalla fantasia umana, ispirandosi all’IA.

Infine in una terza sala, vicina all’ingresso della mostra, Andrea Meregalli, architetto di professione, invita, con le sue opere dal titolo “Untitled”, a riflettere sulle infinite combinazioni che interessano l’immaginario estetico contemporaneo. Per la prima volta egli propone opere su tela realizzate mediante Midjourney (programma di IA che crea immagini

da descrizioni in linguaggio naturale). A partire da schizzi e fotografie da lui realizzate, le immagini in mostra sono state generate tramite IA attraverso numerosissimi passaggi di blending e di promoting nel tentativo di ottenere dal software il risultato più inaspettato e imprevedibile possibile, mandando apparentemente in corto circuito il principio stesso di generazione di immagini da parte di IA. Le immagini generate tra controllo maniacale e casualità totale rappresentano i mostri della psiche, entità astratte che portano con sé verità nascoste.

Il dispositivo (IA) per Meregalli “è uno strumento che permette di vedere delle cose che diventano strumento stesso per ragionare”. Per lui il software non ha un ruolo primario nelle sue opere, ma è evidente che l’uso di questo dispositivo ha permesso alla sua pratica di evolvere rispetto a parametri nemmeno previsti.

Egli ha fatto di tutto per far sì che IA restituisse delle immagini che non si aspettava, non giocando sul bag del software, ma sostanzialmente facendo sì che le immagini che andava a produrre fossero il frutto di molteplici elaborazioni che non avessero nessun tipo di controllo da parte del testo, utilizzando immagini fisiche scattate o disegnate alimentando IA con immagini scelte per produrre qualcosa di molto lontano rispetto a quello che avevo immaginato. Il risultato sono lavori che nello stesso tempo attraggono e respingono l’osser vatore. Presentano i mostri della psiche di tutti noi, perché nascono dalle immagini di tutti noi immesse nella memoria dell’IA.

Le opere sono il risultato di scelte, non cromatiche, non di materiale o di tecniche ma l’opera è il processo che porta alla loro nascita e le domande che suscita.

La mostra sarà accompagnata da una serie di incontri di approfondimento e dibattiti per permettere a tutti di comprendere meglio le frontiere di applicazione dell’IA, giacché senza conoscenza non sarà mai possibile prendere una posizione in merito a quelle domande che sempre più spesso ci poniamo. Possono essere realmente queste opere considerate vere opere d’arte, oppure no? È un “vero artista” colui che inserisce gli imput all’interno di un software? Basta la componente ideativa? Dove finisce la tecnica dell’artista?

Il percorso proposto dalla mostra è un percorso in fondo di ricerca, un punto di partenza e non di arrivo, all’interno del quale ci vengono posti tanti interrogativi di fronte a cui il processo artificiale, come spesso accade nell’avanza mento tecnologico, si impone, perché sempre più spesso sui nostri social avremo a che fare con immagini e fotografie non prodotte dall’uomo, che potranno essere utilizzate come prodotti d’arte o in altro modo. Non rimane dunque ad ognuno di noi che iniziare ad entrare in questo nuovo mondo delle Intelligenze Artificiali.

The Rights from Future Generations, A prospective on (A)rt and (I)nnovation , Monza-Villa Reale, 1-30 settembre

( 12 settembre 2023 )

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