Uscì nel 1921, anche se era in cantiere da tempo e fu scritto tra il 1914 e il 1916. La storia vuole che molti dei pensieri che lo compongono il filosofo li abbia pensati e scritti al fronte, nelle soste dei combattimenti, su delle cartoline che periodicamente inviava a sé stesso. Congedato, avrebbe così trovato a casa sua il materiale su cui lavorare. Il fatto si addice allo stile innovativo dell’opera ( 500 frammenti numerati, alcuni in posizione principale e altri subordinati, tenuti insieme da una logica generale) e alla singolarità del personaggio.
Nato nel 1889 da una ricca famiglia dell’alta borghesia viennese, alterna la lo studio e l’insegnamento della filosofia con una serie di scelte bizzarre: nel 1913 va a vivere in una capanna in Scandinavia; nella prima guerra mondiale si arruola come volontario nell’esercito austro- ungarico; nel 1920 fa l’insegnante elementare in Stiria per poi ritirarsi in un convento e lavorare come giardiniere; nella seconda guerra mondiale svolge le mansioni di infermiere. Il tutto mentre negli anni ’ 30 - prima come fellow e poi come docente - tiene al Trinity college di Cambridge lezioni burrascose e insolite.
Che cos’è il Trattato?
Per alcuni è una difesa, assolutamente coerente con le posizioni logiciste del circolo di Vienna, del linguaggio scientifico e della sua funzione denotativa: il linguaggio come immagine del mondo; per altri è il primo atto di un pensiero che, attraverso svolte significative, culminerà con le “ Ricerche filosofiche” e con l’assunto dei molteplici usi linguistici, di cui quello scientifico è solo uno dei tanti e non il più importante; per altri, è un libro di mistica e di spiritualità, come farebbe pensare la celebre affermazione che induce al silenzio: “ Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere” Certo è un libro complesso e affascinante che, come disse Bertrand Russell, rivelò al mondo un grande genio. L’unico pubblicato in vita.