Martedì 23 aprile 2024, ore 12:14

Mostre

Joaquin Sorolla, il maestro della luce

di ELIANA SORMANI

È meravigliosa la felicità dell’arte del sole (…) l’emo zione che mi procura quella luce è ogni giorno maggiore (…) la pittura, quando la si sente, è superiore a tutto; ho detto male, è il naturale a essere meraviglioso”, così Joaquin Sorolla y Bastida, “pittore di luce” descrive il fascino che gli procura il mondo che lo circonda, la realtà, il “naturale”, il cui gioco di luci diviene protagonista dell’intera sua opera artistica. Un fascino che non lascia indifferente chi ancora oggi entra a contatto con le sue opere, abbagliato dalla luce che riflettono e proiettano intorno a loro come per un gioco di magia.

In anticipo di un anno rispetto al primo centenario della sua morte (1923) Palazzo Reale a Milano dedica a questo artista di origine spagnola, dal 25 febbraio al 26 giugno 2022, una fantastica mostra dal titolo “Joaquin Sorolla. Pittore di luce”. L’allestimento, composto da circa 60 opere, curato da Consuelo Luca Tena e da Micol Forti, promosso da Palazzo Reale, Comune di Milano-Cultura e CMS Cultura, in collaborazione con il Museo Sorolla e la Fondazione Museo Sorolla di Madrid, costituisce la prima rassegna monografica dedicata al pittore in Italia. Un grande maestro nella storia dell’arte figurativa del secolo scorso che seppe emergere in modo autonomo e soggettivo tra le diverse avanguardie europee (in particolare impressionismo e post impressionismo), guidato dal bisogno di rappresentare la realtà così come appariva ai suoi occhi, spinto dall’immedia tezza di cogliere ciò che la bellezza della natura gli offriva, per renderlo eterno nelle sue tele. Un bisogno che lo spingeva spesso a ricercare nei diversi momenti del giorno i giochi di luce ideali per fissarli attraverso i colori nei suoi dipinti, producendo così una quantità enorme di opere (4200 dipinti e un numero incalcolabile di disedi gni), attraverso una pittura an plain air praticata sempre all’a ria aperta e raramente completata in studio. Provvisto infatti di un ombrellone si postava con il cavalletto davanti ad una scena, spessissimo sulle spiagge di fronte al mare, ma anche nel suo giardino coinvolgendo i suoi famigliari, ritratti spessissimo nelle sue opere, e rimaneva al lavoro ore e ore proteggendo i suoi dipinti con dei

teli fino a che non li concludeva, usando tratti veloci ed immediati. Nato a Valentia nel 1863, rimasto orfano presto e allevato da alcuni zii, scopre fin dagli anni giovanili un forte interesse verso l’arte figurativa. Costretto a fare durante il giorno dei piccoli lavoretti per mantenersi, frequenta a partire dai tredici anni dei corsi serali di disegno fino a che all’età di 15 anni entra all’Acca demia delle Belle Arti. Recatosi per la prima volta a Madrid nel 1881 viene colpito dall’opera di Velazquez, di cui ammira in particolare la capacità di fondere nei suoi quadri la figura con lo spazio che la circonda, carattere che egli riprende negli anni a venire nella sua pittura e che lo avvicina a quei pittori “con i quali si schiererà, autori che univano un solido background accademico a tematiche e scelte compositive moderne, attratti dalla fotografia e acuti interpreti della luce: John Singer Sargent, James McNeill Whistler e Anders Zorn” di cui Velazquez stesso era il caposcuola. Sorolla ha presto l’occasione di intrecciare la propria esistenza con l’Italia, in seguito alla vincita nel 1885 di una borsa di studio triennale per un soggiorno a Roma messa a disposizione dalla Città di Valencia, realizzando così quella che era ancora la moda del Grand Tour presente tra i giovani intellettuali europei. Frequenta nel nostro paese numerosi importanti artisti spagnoli, visita Venezia, Pisa, Firenze e Napoli, sostando un breve periodo della sua vita anche ad Assisi, dove viveva una comunità di artisti spagnoli. Non manca durante il periodo di permanenza italiana di trascorrere un breve soggiorno anche in Francia dove a Parigi entra a contatto con la pittura di Adolf Menzel e di Bastien-Lepage, aprendosi ad una “pittura franca” come la definirà lui, in particolare attenta a rappresentare i soggetti umili come era quella tipica di Bastien Lepage che da quel mondo proveniva. Ritornato a Roma si dedica alla sua prima opera di grandi dimensioni “Il seppellimento di Cristo” che presenta nel 1887 all’ Esposizione Internazionale di Belle Arti di Madrid, dove tuttavia non ottiene alcun successo. Ritornato così, deluso per il fallimento, in Spagna nel 1888, dopo il matrimonio con la fidanzata Clotilde Garcia del Castilio decide di trasferirsi con lei ad Assisi per una pausa spirituale alla ricerca della propria strada, che trova nella pittura realista, a cui resta fedele fino alla fine. Con la moglie, da cui non si separa fino alla morte, decide così di andare a vivere a Madrid pur tornando spesso a Valencia per dipingere sulle spiagge assolate la bellezza dei colori del mare. La famiglia è per lui un punto di riferimento fondamentale insieme all’arte. Clotilde e i tre figli, che nacquero dalla loro unione, gli sono sempre accanto durante la sua carriera, la moglie oltre che seguirlo nei suoi spostamenti gli fa anche da manager e lui stesso nel momento del bisogno, come in occasione della malattia della primogenita

Marie rinuncia a molti impegni lavorativi per stare accanto alla famiglia. Dallo scambio epistolare con la moglie, interamente conservato presso la Fondazione Sorolla, si evince lo stretto legame che univa i due coniugi e i figli. La stessa Clotilde alla morte del marito si occupa di dar vita al Museo Sorolla per raccogliere l’intera produzione dell’artista e sarà il figlio Joaquin a tenerne la prima direzione fino alla sua morte. La mostra milanese, suddivisa in cinque sezioni (Lo sguardo sulla realtà; Ritratti: famiglia, gli amici, Sulla riva tra gioco e lavoro; Giardini e riflessi di luce; Tipos:la grande committenza dell’hispa nich society of america di New York; Forme monumentali: il modello greco-romano), si apre volutamente nella prima sala (dopo l’ingresso dominato dall’autoritratto dell’artista accompagnato da una breve sintesi di carattere biografico), con una sezione dedicata alle prime opere di “carattere sociale”, con cui il pittore parteciperà anche alle prime esposizioni nazionali e internazionali d’arte, che gli permetteranno di raggiungere la fama che poi lo farà conoscere in tutt’Europa e apprezzare da noti critici di cui in seguito diverrà anche amico. A dominare la sala l’olio di grande dimensioni “Cucendo la vela” esposto nel 1886 alla Biennale di Venezia in cui Sorolla rappresenta su una spiaggia di Valencia mogli di pescatori mentre cuciono una vela che domina il centro dell’opera in un gioco di luci e ombre da cui emerge immediatamente il carattere distintivo della sua pittura, in cui il colore assume una funzione implosiva. Attraverso quest’o pera Sorolla riesce a dare una prova straordinaria della sua tavolozza composta da pochi colori, circa dodici, che lui non mescola, come ormai facevano gran parte dei pittori impressionisti e post-impressionisti, ma che sovrappone, giocando su un alternarsi e contrapporsi di colori caldi, freddi, primari e complementari per accenderne le tonalità. A differenza dell’im pressionismo che usa la scomposizione cromatica per ottenere una forza centrifuga e far esplodere la forma, Sorolla la usa con una forza centripeta per costruire la forma in modo che sia il colore a diventare disegno.

Egli non userà il disegno definendolo con contorni neri ma il disegno nascerà e sarà parte del colore stesso. Accanto al capolavoro nella medesima sala una delle sue primissime opere “Il giorno felice” o “Dopo la comunione”, in cui ritrae, in una scena di genere (scena che ricrea realmente all’interno di una vera baracca sulla spiaggia di Valencia), una bimba che dopo aver fatto la prima comunione va a trovare il nonno cieco all’in - terno di una baracca dalla cui porta aperta si vede sullo sfondo il mare in un gioco di luce che caratterizzerà poi l’intera sua produzione. Nella medesima sala “La tratta delle bianche”, opera in cui rappresenta, all’in terno di un vero vagone abbandonato, quattro prostitute sfinite, mentre dormono, accompagnate dalla loro procuratrice.

Un’opera di notevole valore narrativo in cui ogni elemento è espressione di grande maestria descrittiva tanto da indurre lo scrittore Vicente Blasco Ibanez a dire che la tela “è opera di un romanziere che usa un pennello al posto di una penna”.

La seconda sezione è dedicata ai ritratti, genere verso cui Sorolla mostra molto interesse, spinto a rappresentare i soggetti da un punto di vista fotografico e da prospettive diverse, con un’at tenzione al taglio e alle inquadrature dei personaggi (nessun personaggio viene mai inquadrato in orizzontale), ai controluce e agli sfuocati, come richiedeva l’arte della fotografia, considerata ancora un escamotage tecnico per fermare l’attimo su una lastra in modo da poter trasmettere le emozioni immediate che la scena o il personaggio dovevano trasmettere. Tra i ritratti quello dei famigliari, della moglie, dei figli, del suocero Antonio Garcia Perina, noto fotografo presso il cui studio lo stesso Sorolla aveva lavorato come tecnico delle luci negli anni giovanili, grazie all’amicizia con il figlio di cui era compagno di scuola, e dove aveva incontrato Clotilde con cui in segreto si era fidanzato. Interessante è il quadro in cui la stessa è ritratta mentre guarda la Venere di Milo (Clotilde e la Venere di Milo). Presenti in mostra anche i ritratti di alcuni amici, quello dell’amico Juan Ramon Jmenez, vincitore del Nobel per la Letteratura nel 1956 o del principe Paolo Troubetzkoy, scultore italiano e suo amico, che in cambio gli donerà un ritratto in scultura bronzea, fusa in tre dimensioni.

Accanto ai ritratti nella terza sala trova spazio l’altra passione di Sorolla, il mare con le sue luci, i suoi riflessi, i suoi bagliori e nel mare ritornano spesso le sagome dei suoi cari, i figli sdraiati sulla spiaggia, sommersi dalle onde, le ombre delle vesti leggere e bianche di Clotilde tra le spiagge di Valencia e quelle di Biarritz. Sarà il mare a dominare tutta la produzione dell’artista dopo il 1900, anno in cui vince il Grand Prix all’Esposizione Universale di Parigi con “Triste eredità”, ultima grande tela di carattere sociale in cui ritrae un gruppo di bambini affetti da malattie fisiche mentre accompagnati da un sacerdote si apprestano ad entrare nel mare, scena che si presenta ai suoi occhi sulla spiaggia di Malvarossa nei pressi della quale si trovava l’Ospedale dell’Ordine di San Giovanni di Dio.

In questa terza stanza è presente anche l’opera iconica della mostra “Istantanea a Biarritz” in cui la bellissima Clotilde ha tra le mani una macchina fotografica, una piccola kodak, con cui ritraeva le medesime scene che il marito dipingeva nelle sue opere. L’opera dalle pennellate veloci rappresenta il desiderio del pittore di cogliere gli attimi di luce e di bellezza che la natura gli offre, destinati ad avere breve durata, tanto che dice “... Si deve dipingere rapidamente, perché molto è perso in un istante, e non lo si può più recuperare”.

La quarta sala dominata dal colore verde è dedicata ai giardini, che Sorolla scopre solo ad un certo punto della sua vita in occasione della pittura di un ritratto al re Alfonso XIII e alla regina Vittoria ambientato an plain air nei giardini reali. Lui stesso si farà edificare un giardino da sogno nella sua villa con ogni tipo possibile di flora curata da lui personalmente con una fioritura continua in ogni stagione.

Il percorso dell’antologica procede con l’esperienza newyorchese di Sorolla caratterizzata dalla presenza anche di acquarelli con scorci ripresi dalla sua camera d’albergo, abbozzati velocemente, in cui emerge la sua meraviglia difronte alla Grande Mela. Il viaggio sarà un’occasione per allacciare l’a micizia con Archer M.Huntington, ispanista convinto, che si era innamorato della sua pittura pur senza conoscerlo e che dopo averlo invitato in America e aver organizzato per lui una maestosa mostra

all’Hispanic Society, lo introduce nella società bene di New York, all’interno della quale riceve moltissime committenze. Tra i tanti ritratti in mostra quello del designer americano Louis Comfort Tiffany immerso in un enorme giardino fiorito con una tavolozza da pittore tra le mani a contrassegnare la sua passione per l’arte.

Durante la sua permanenza a New York verrà soprattutto incaricato sempre da Huntington di realizzare una grande decorazione per la biblioteca dell’Hispa nic Society dedicata alle 15 regioni spagnoli. Sorolla inizierà così a girare per il suo paese per conoscere usi e costumi, lavorando moltissimo con bozzetti e dipinti di dimensioni enormi per elaborare i “Tipi” di cui in mostra sono presenti alcuni gruppi etnici suddivisi in due piccole sale (La sposa lagarterana, Tipi de la Mancia,La ballerina di flamenco, Due sivigliane e Tipi di El Roncal) affiancati da studi di paesaggi regionali usati da Sorolla come sfondi per i Tipi.

L’ultima sala è infine dedicata alla produzione matura del maestro valenciano in cui emerge il suo rapporto con il mondo greco-romano. Ad esplodere sono le dimensioni dei suoi personaggi all’interno delle enormi tele, dopo l’esperienza dei “Tipos” e influenzato dall’in contro con Fidia, di cui aveva conosciuto le sculture durante la sua visita a Londra nel 1908 e che lo avevano lasciano esterefatto per la loro monumentalità.

La classicità sarà caratteristica dominante in questa ultima parte della sua vita come emerge nell’opera “Pescatrice valenciane“ e “Dopo il bagno” sullo sfondo marittimo tipico del suo stile.

Il percorso si conclude con un omaggio a Clotilde, che accudirà il marito per ben tre anni dopo essere stato colpito da un ictus rimanendogli accanto fino alla morte avvenuta nel 1923 a Corcedilla, per poi occuparsi della fondazione del museo a lui dedicato. Due bellissime tele rappresentano la donna nella sua reale bellezza, ripresa di spalle in controluce su uno scoglio in “Clo tilde alla Cala di San Vicente, Majorca” e “Clotilde con Mantiglia nera” in cui la sua figura appare su uno sfondo astratto seduta su una sedia a dominare la scena.

Una mostra sicuramente molto affascinante e coinvolgente arricchita anche da un catalogo prodotto da Skira e accompagnata da un video della durata di 11 minuti estratto da un documentario prodotto dai Rai direzione Teche, che brillantemente illustra il percorso artistico del grande maestro della luce.

Joaquin Sorolla. Pittore di luce. Milano, Palazzo Reale, 25 febbraio- 26 giugno 2022

( 9 maggio 2022 )

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