Sabato 20 aprile 2024, ore 6:45

Addio a Pietro Citati

La critica in movimento

di MAURO FABI

"La cosa essenziale è che bisogna farsi possedere completamente dal libro. Bisogna essere posseduti ma contemporaneamente bisogna essere sempre diversi, perché una cosa è farsi possedere da Dante e un’altra è farsi possedere da Proust o da Kafka. Il critico deve mutare continuamente. Non esistono metodi critici validi universalmente per tutte le occasioni”. In questa affermazione di Pietro Citati, c’è la chiave del suo rapporto con gli autori che non ha semplicemente ricostruito ma esplorati ciascuno fino all’ultima fibra. Con lui è come se sparisse un’intera piattaforma continentale della cultura contemporanea, dalle coste già sottoposte all’erosione della conoscenza digitale. Citati, invece, promulgava una possessione da cui scaturiva il bagaglio intellettuale che nessuno può eludere se vuole rapportarsi lucidamente alla Storia, alla letteratura, all’arte. Ogni sua biografia, ogni sua sortita interpretativa, suscitava dibattiti presto racchiusi nel puro prostrarsi dinanzi alla sua statura di critico: “La critica non è che un cambiamento continuo di punti di vista, è una ricerca che tenta di raggiungere quella cosa in continuo movimento che è la grande opera d’arte. I libri in movimento sono sempre i grandi libri.” Parole, queste sue, che hanno un ritmo profondamente contemporaneo, né crociano, né gramsciano, né, ancor meno, strutturalista.
Le sue origini attraversano due latitudini della geografia italiana. La Firenze della nascita, scrigno linguistico, poetico e “multimediale” per espressività. La Sicilia di provenienza della famiglia, baricentro della solarità mediterranea. Ne risentivano lo stile e i contenuti della sua opera. In particolare nel rapporto con Leopardi: “Recanati era un carcere, un sepolcro, un deserto, una tenebra: la città dei malvagi dove viveva incatenato con la doppia catena della realtà e della fantasia”. E ancora: “Un libro su Leopardi non può cominciare che come un’opera buffa: preferibilmente di Gioachino Rossini, che era nato vicino a Recanati, a Pesaro, e poi aveva infiammato Milano, Roma, Parigi e tutto il mondo musicale. Il protagonista di questa opera buffa non è Giacomo, sebbene amasse sino alle lacrime Il barbiere di Siviglia e La donna del lago, ma suo padre Monaldo, nato a Recanati nel 1766 da un’antica famiglia che risaliva, o diceva di risalire, al tredicesimo secolo”. 
Cosa resterà di Citati nel panorama lasciato dapprima dalle illusioni rivoluzionarie dei tardi anni sessanta e dei plumbei anni settanta, poi ancora dalla rincorsa inconcludente di un terzo millennio mai arrivato davvero? La permanenza scritta di un pensiero, il suo, che seguita a dilatarsi nello spazio fatuo del post-moderno.
 

( 28 luglio 2022 )

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