Partiamo da una constatazione: la poesia italiana del Duemila è stata per lo più dimenticata da una critica tanto asfittica quanto ripetitiva.
All’esaltazione dei presunti nomi tutelari, canonizzati, o dei cosiddetti vecchi (molte volte si scrive sul già scritto), non corrisponde altrettanta attenzione verso le generazioni di mezzo, alle quali andrebbe riconosciuto, almeno, un tentativo di sistemazione.
Invece prevale una catalogazione estemporanea e insufficiente, decisa per lo più da logiche amicali, circoscritte, che non fa i conti con la necessità di seguire mappe orientative di tipo storico-geografico per chi scrive da decenni.
Carlo Dionisotti e Carlo Bo non hanno avuto eredi, in un’epoca dispersa invasa da atteggiamenti autoreferenziali se non addirittura pretestuosi.
Basti pensare al vuoto sulla generazione dei poeti nati negli anni Sessanta, sui quali non esiste un lavoro organico e omnicomprensivo che offra una panoramica sui versi lirici e legati alla tradizione; sugli esiti dello sperimentalismo; sugli echi della neo avanguardia; sulle presenze isolate che la piccola editoria non consente, per limite di distribuzione, di far conoscere e che pure costituiscono una direttiva di senso sul piano stilistico. Dicevamo della necessità di inquadrare più generazioni attraverso una linea orizzontale, servendosi di un atlante geografico comprendente aree umanistiche regionali che non si perdano in un’astratta, unica categoria.
Nel labirinto dell’ultimo trentennio, caratterizzato dalla società liquida e dalla quarta rivoluzione digitale, si distingue il volume antologico pubblicato dalla casa editrice di Ancona, Affinità elettive, curato dal poeta e critico maceratese Guido Garufi: La poesia delle Marche. Il Novecento e oltre (2022), collegato al libro omonimo, uscito nel 1998, aggiornato dopo più di vent’anni. Carlo Bo, a tal proposito, scrisse: “Se si facesse in ogni regione d’Italia il lavoro che Garufi ha fatto per le Marche, avremmo una storia della letteratura contemporanea più ricca e più completa”. Lo snodo dell’opera consiste proprio nel ponte che unisce la stessa materia in una lingua poetica in fase di modificazione. La dimostrazione di una vivacità non solo provinciale è la chiave per capire come una regione possa essere la cartina di tornasole di tutta l’Italia, applicando con rigore discipline comparate che fanno i conti con l’antropologia, la sociologia, il dialetto e i nuovi mezzi di comunicazione. Conoscere la poesia di oggi non vuol dire leggere solo i classici del Novecento, ma addentrarsi in una sostanza incandescente che rivela sorprese e che evidenzia la necessità di tornare a leggere direttamente i testi senza preclusioni di sorta