Venerdì 26 aprile 2024, ore 11:33

Fumetti

Non solo Kriminal

di ENZO VERRENGIA

L’inventiva sfrenata di Luciano Secchi per i testi e Roberto Raviola per i disegni, alias Magnus & Bunker, irrompe nell’Italia beghina del boom e della protesta giovanile. Con ironia e grottesco, sesso pruriginoso e violenza, avventura e fantastico. Il tutto ricucito addosso a protagonisti maschili che sembrano modelli per gli abiti di marca, donne che portano scritta sul viso la voglia di letto, vecchi bavosi destinati alla beffa, quando non alla crudele dipartita. Kriminal esordisce nell’agosto del 1964, ed è la risposta graffiante al perbenismo di Diabolik, più sanguinario con i suoi pugnali, ma monogamo, composto, garbato nei suoi baci ad Eva Kant. L’Anthony Logan di Magnus e Bunker, prima di indossare l’eclatante calzamaglia con scheletro, ha caratteristiche è scanzonato, e, quanto a donne, non disdegna di tradire la sua Lola Hudson, perfino con Gloria Farr, la fidanzata dell’arcinemico, l’ispettore Milton. La formula di Kriminal, sia per grafica che per contenuti, spinge Magnus e Bunker a bissarla con Satanik, che appare nel dicembre del 1964, l’anno più rappresentativo dei fumetti neri italiani. Con un’intuizione che anticipa il costume e la politica, Raviola e Secchi puntano sull’altra metà del cielo. Basta con l’eroe negativo in calzamaglia, pronto allo stupro. Ecco una donna, che di propria iniziativa ammalia gli uomini per dominarli, sfruttarli ed ucciderli, quando non le servono più. Marny Bannister, la Cenerentola di Brooklyn, dal volto e dal fisico orribili, che diviene Satanik dopo avere ingerito un siero da lei stessa inventato, è il sogno di rivalsa della casalinga di Voghera. Tutte le vamp che l’hanno preceduta e seguita, nel fumetto ma anche nel cinema e nella narrativa, ne porteranno l’impronta. Come scrive Borges, ogni grande scrittore crea i suoi precursori. Satanik è la sintesi della strega di Biancaneve, delle vampire e della cattive ragazze che segneranno la cultura post moderna. Nelle sue storie, il sesso arriva come un obiettivo agognato dal lettore maschile. Quest’ultimo, però, non si rende conto che per Satanik il piacere sta nell’usare la propria bellezza scaturita dalla chimica per giungere al supremo godimento, quello del potere. Peraltro, la rossa malefica, si trova ad affrontare anche tematiche di derivazione esoterica, soprannaturale e fantascientifica. Peccato che tanti presupposti andassero perduti nel film “Satanik”, del 1968, diretto da Piero Vivarelli. Lo striptease di Magda Konopka è una becera riduzione a burlesque per massaie del portato erotico originale. Gli anni ’60 sono scanditi sul grande schermo dalla bondmania. Magnus e Bunker la cavalcano con Dennis Cobb - Agente SS118. Una variazione sulla spy-story da antologia. Innanzi tutto per il taglio da moicano del protagonista, che sembra preludere alle capigliature punk dei decenni successivi. Poi per la parodizzazione del canone di 007. Anche qui c’è un capo vecchio e parruccone, da cui deriverà la Cariatide di Alan Ford, con una segretaria, Silvia, innamorata di Cobb come Moneypenny di Bond. Dopodiché, le missioni, sempre oltre l’impossibile, sull’orlo della fine del mondo da guerra nucleare, contagio batteriologico o Quarto Reich. Mancano soltanto le musiche di John Barry, e sarebbe meglio di uno 007 interpretato da Connery. Avrebbero dovuto pensarci quei produttori che inseguivano la serie britannica propinando a platee di periferia dei falsi in cartapesta, con attori romani dagli pseudonimi anglofili o americani DOC che svernare nella Hollywood sul Tevere, Cinecittà. Insomma, Dennis Cobb restò a fumetti, per tre anni e 41 albi. A Magnus e Bunker non restava che un mito dei Sixties da sfatare, la Barbarella di Jean-Claude Forest, che al cinema, nel 1968, avrebbe avuto una megaproduzione con la regia di Roger Vadim e l’interpretazione di Jane Fonda. Due anni prima esce nelle edicole Gesebel, amazzone di Virgin Planet, il pianeta dove gli uomini sono schiavi e vengono frustati dopo avere assolto la funzione sessuale. Lo “spazial-fumetto” spinge il retroterra di Barbarella nei territori del kitsch con risultati di nuovo fascinosi per i lettori della Penisola. Nessun sottinteso nella ricerca ossessiva dell’appagamento, una libido ribadita ad ogni pie’ sospinto e consumabile a zero G nelle profondità stellari. Quelle in cui probabilmente riposa Raviola, venuto meno nel 1996. Mentre Secchi porta ancora la torcia di una genialità di coppia che regalò alle generazioni del dopoguerra un genio creativo irripetibile.

( 10 novembre 2021 )

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