Il 3 agosto 1492 Cristoforo Colombo lascia il porto di Palos de la Frontera alla volta delle Indie, non sa che il suo viaggio con cui avrebbe aperto una nuova rotta per l’Oriente si trasformerà nell’incontro con una umanità impensata perché, nell’Oceano che sta per attraversare, troverà un mondo nuovo, l’America.
La sua impresa viene conosciuta dai contemporanei grazie alla lettera che il 15 febbraio 1493, mentre a bordo della caravella Nina si trovava in prossimità delle isole Azzorre, Cristoforo Colombo scrisse e inviò a Luis de Santangel esattore della corte spagnola che lo aveva aiutato a trovare i finanziamenti per il suo primo viaggio: l’Ammiraglio deve e vuole rassicurare il suo sostenitore più influente presso la corona sul felice esito del viaggio e con buone promesse annunciare ai cattolicissimi sovrani il suo vittorioso ritorno: «Moltissime isole popolate da gente innumerevole sono state occupate con bando e bandiera reale spiegata senza trovare resistenza».
Cristoforo Colombo scopriva il Nuovo Mondo senza uscire lui stesso dal Vecchio! Come un signore feudale conquisterà le terre, i popoli e le loro anime per la sua Regina. Le genti che per prime Colombo incontrò erano i Lucayo e in una lettera del 25 dicembre 1492 scrive: «È un popolo affettuoso, privo di avidità e duttile, e assicuro le Vostre Altezze che al mondo non c’è gente o terra migliore di queste. Amano il prossimo come se stessi e hanno le voci più dolci e delicate del mondo, e sono sempre sorridenti». Le parole con cui racconta l’esperienza che fa di quella geografia inattesa e ricca in cui i fiumi trascinavano oro, di quella «india ignuda», carica di fascino e selvaggia, in cui gli uomini vivevano in uno stato di naturale innocenza ci restituiscono la sua visione della Storia, di Dio e di un mondo che aveva bisogno di essere ripensato. Colombo è il figlio di un tempo in cui si credeva che il destino e l’opera di ognuno rivelassero i progetti di Dio sull’uomo, per questo scoprire e consegnare all’Europa un nuovo mondo da penetrare, evangelizzare costituiva per lui la ragione per cui ritenersi il prescelto. Aveva chiesto alla cosmografia e agli Antichi i segreti del mondo ma solo l’ audacia di inoltrarsi nei mari per vie mai percorse e la fede nella propria intelligenza visionaria gli permisero di cambiare per sempre il corso degli eventi, della Storia. Ma Colombo morì, come scrisse Dostoevskij, senza capire fino in fondo cosa aveva scoperto. Dopo le prime spedizioni la fama dell’Ammiraglio si andava affievolendo: l’oro promesso, la ricchezza i cui segni Colombo vide nella Natura e nella paura del cuore di quelle genti primitive e pacifiche, tardavano ad arrivare. La Spagna ripagò la fatica di Colombo con l’ingratitudine, oscurando, dimenticandolo, il suo valore, abbandonandolo a una immeritata solitudine e miseria. Ora sappiamo che il 3 agosto di 530 anni fa un uomo che aveva rubato ai Greci l’amore per la conoscenza e al mare la curiosità e l’irrequietezza intraprendeva il più avventuroso dei viaggi, scoprendo nell’Oceano ciò che restava del Paradiso della Creazione credendo solo nel suo sogno d’infinito. L’Età Moderna dunque inizia il 3 agosto e non il 12 ottobre del 1492: non cambierà per sempre la Storia ciò che Colombo scoprì ma ciò che gli impose di partire: la fede in ciò che egli era, in ciò che sapeva