Giovedì 25 aprile 2024, ore 17:26

Un’arte nuova  a Napoli

di PAOLO SPIRITO

Il celebre architetto e critico d’arte Alfredo Melani (1859-1928) definì così il Liberty: “Un’arte nuova, stile nuovo, stile moderno, stile Liberty, stile floreale, in quanti modi questo movimento estetico è indicato!”, una vera ventata di giovinezza, proprio “n’ aria ‘e primavera” come quella che soffia nei versi della poesia “Marzo” (1898) di Salvatore Di Giacomo.
Alla fine dell’Ottocento l'Europa vive la grande stagione dell’Art Nouveau: il processo di sviluppo avviato dalle grandi Esposizioni nazionali e internazionali, insieme all’affermazione di una borghesia imprenditoriale, trasformano radicalmente le città italiane.
La novità del nuovo stile – in Italia detto Liberty - contagia Napoli, città in via di rinnovamento che vuole lasciarsi alle spalle gli anni del colera. Leggi speciali finanziano l’ampliamento urbano, il risorgimento economico e l’industrializzazione riscattano l’immagine della città: è la Belle Époque e un fiorire di progetti che rese Napoli una metropoli moderna e cosmopolita sin oltre la fine della Grande Guerra.
Napoli matura un processo di modernizzazione che alimenta un rinnovato dialogo tra intellettuali, giornalisti, scrittori e politici. L’istituzione della ‘conferenza’ è una novità per la nuova borghesia della città, impegnata a divulgare i valori della cultura, delle scienze, delle arti in circoli, teatri, caffè, librerie e case editrici.
Alla pari di Parigi, Berlino e Londra, Napoli è capitale della modernità e si distingue per la sua recezione allo stile nuovo, Liberty o Floreale, spaziando dalle arti maggiori alle arti applicate, con un successo ottenuto nelle occasioni delle Esposizioni Nazionali e Internazionali.
L’originalità dell’arte modernista a Napoli, nel periodo che va dal 1889 al 1915, sono al centro della stupenda mostra “Napoli Liberty. N'aria 'e primmavera” alle Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano, a cura di Luisa Martorelli e Fernando Mazzocca e con l’allestimento di Lucia Anna Iovieno, visitabile sino al 24 gennaio 2021.
Sono oltre 70 le opere in esposizione, tra dipinti, sculture, oggetti preziosi di oreficeria e della lavorazione delle pietre dure ma anche grafica e manifesti pubblicitari.
Espressioni diverse, alcune insolite, altre straordinarie, di quella che, come poc'anzi ricordato, l’architetto e critico d’arte Alfredo Melani definì: “un’arte nuova”.
Il percorso della mostra è in perfetta armonia con il Palazzo, ristrutturato negli anni Venti del Novecento, con decorazioni in stile Liberty.
La rassegna apre con una sala dedicata ai dipinti del soggiorno a Napoli di Felice Casorati (1883-1963), che prese parte alle prime esperienze dell’avanguardia secessionista, appoggiando le iniziative delle mostre giovanili. In mostra un’intera sala è dedicata a Felice Casorati che, trasferitosi con la famiglia a Napoli, vi soggiornò tra la metà di dicembre del 1907 sino al marzo del 1911, tre anni fondamentali nel suo percorso artistico che lasciarono una traccia nell’ambiente partenopeo.
In uno studio “grande e bello”, che riceveva la luce “da una finestrona laterale grandissima”, realizzò almeno trentotto dipinti, tra cui alcuni capolavori riuniti in questa occasione. Si tratta di raffinate composizioni di figure che risentono delle influenze decorative e simboliste tipiche del clima sperimentale della cultura figurativa internazionale del periodo.
Dipinto fondamentale dell’attività napoletana di Casorati è Persone, eseguito nell’autunno-inverno del 1910, quando in città imperversa il colera e l’artista racconta di stare chiuso nel suo studio, cercando di immergersi nel lavoro. Scrive a proposito del dipinto:
“Io vorrei saper proclamare la dolcezza di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose mute e immobili, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e limpidi, la vita di gioia e non di vertigine, la vita di dolore e non di affanno”.
Il quadro ritrae una famiglia padovana che Casorati era solito frequentare a Napoli, dove il capofamiglia, il professor Carlo Canilli, si era trasferito come preside del liceo Garibaldi. L’adolescente dallo sguardo melanconico che trattiene una statuetta in bronzo di un Fauno danzante è il quindicenne Ferruccio Canilli, la donna a sinistra, all’estremità della tavola, è la cugina Dolores. Una posizione preminente è quella della anziana donna, al centro della tavola, con la camicia a scacchi, ripresa pure in altre opere dell’artista.
Uno spazio rilevante viene riservato alle arti applicate che, durante la stagione del Liberty, s’integra con le arti maggiori in una prospettiva di produzione moderna nella nuova era del consumo. In esposizione La fontana degli Aironi (1887) di Filippo Palizzi (1818-1899) anticipatore in tale ambito artistico che seppe infondere alle generazioni successive le basi di un decisivo rilancio nel campo delle manifatture.
Antesignano di questa visione moderna fu il maestro Filippo Palizzi, artista versatile e lungimirante dal quale trassero profitto le generazioni del Novecento. Con i suoi modelli si rinnovò la produzione dei laboratori della ceramica e dei metalli in una prospettiva industriale. Le Placche con fiori e il Vaso con teste di ariete, in maiolica, documentano l’elaborazione fantasiosa di temi naturalistici a lui cari, trasposti in oggetti ceramici.
Fondamentale esempio per le creazioni Liberty è soprattutto la monumentale Fontana degli aironi realizzata da Palizzi, nel 1887, sotto la direzione di Giuseppe Cecchinelli. Di raffinata soluzione sperimentale, la fontana vede l’adozione di vari materiali, dalla maiolica al bronzo dorato, con straordinari esiti, soprattutto nell’intreccio dinamico dei movimenti degli animali. Sulla base circolare, sagomata con mattonelle in ceramica, s’impostano secondo una struttura piramidale due ripiani diversamente ripartiti tra basi in ceramica e animali in metallo. Nella parte centrale le agili forme degli aironi si confondono tra gli steli delle canne e reggono sulle teste una vasca circolare finemente decorata a motivi classici. Sulla sommità della fontana svetta ad ali spiegate l’uccello predatore che stende nell’estremità dello sforzo il suo collo, sollevando il ranocchio catturato nell’acqua, come un trofeo.
La celebre Scuola d’arte di Sorrento con la sua produzione dei mobili ad intarsio, sarà rappresentata in mostra con due opere di Almerico Gargiulo, un maestro-intagliatore che intarsiava il legno seguendo linee tondeggianti, alla maniera di Carlo Bugatti.
Saranno esposte anche manifatture di altissimo pregio, nel settore dell’oreficeria preziosa e delle manifatture delle pietre dure (corallo, madreperla e tartaruga), genere in cui Napoli diviene prima in Europa.
Qui si potranno ammirare i gioielli di Emanuele Centonze, Gaetano Jacoangeli e Vincenzo Miranda, famosi in tutta Europa per diademi, spille, fermagli dalle infinite varianti. Sarà rappresentata anche la Scuola del Corallo di Torre del Greco, distintasi per una lavorazione raffinata, eclettica e moderna delle pietre dure, applicata ad oggetti di valore funzionale, molto richiesti dal mercato, quali bottoni, portagioie e pettenesse. In questa sezione è centrale il dipinto Seduzioni (1906), di Vincenzo Migliaro, immagine guida della mostra, il cui soggetto è una vetrina della gioielleria Jacoangeli, dove si scorge una figura femminile che lascia trapelare la sua intensa emotività davanti a quegli oggetti del desiderio. Chiude la mostra una sezione dedicata ai manifesti e alla grafica pubblicitaria, in cui Napoli è tra i maggiori centri italiani. Il catalogo della mostra, Edizioni Gallerie d’Italia-Skira, contiene i saggi dei curatori e un testo di Renato de Fusco, celebre autore del libro Il Floreale a Napoli, edito nel 1956.

( 17 gennaio 2021 )

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