Una mostra immaginata come esperienza dell’anima. È “L’Arte dei Papi. Da Perugino a Barocci”, ideata dal Centro Europeo per il Turismo e la Cultura, organizzata in collaborazione con Castel Sant’Angelo, diretto da Massimo Osanna, e con il patrocinio del Dicastero per l’Evangelizzazione Giubileo 2025 presieduto dall’Arcivescovo Rino Fisichella. La mostra, ospitata a Castel Sant’Angelo, è aperta al pubblico dal 6 marzo al 31 agosto, in occasione dell’anno giubilare 2025. Il divino abbraccia l’umano. La migliore pittura italiana declina infatti i temi essenziali delle Scritture e della dottrina cristiana: l’infanzia di Cristo, il perdono, il volto della Madre, la lezione della povertà, la speranza dell’a mato innamorato, la sapienza dei santi e la fedeltà della Chiesa. È una mostra che vuole oltrepassare i confini della storia dell’arte, offrendo un viaggio spirituale attorno alla bellezza come riscoperta del senso della vita.
L’esposizione, curata da Arnaldo Colasanti, vuole essere il racconto di una città che sogna d’essere santa. I grandi artisti e l’impegno dei Papi hanno arricchito Roma dotandola di un patrimonio di uno splendore incomparabile manifestando nell’aspetto della città il desiderio di esaltare la bellezza, la memoria, la civiltà della tradizione, la dignità e l’ideale universalistico in una nuova visione cristiana.
L’esposizione si configura come un’indagine sul rapporto tra iconografia sacra e potere ecclesiastico, analizzando attraverso il filtro della storia dell’arte il ruolo dell’immagine come veicolo di legittimazione e strumento di diffusione dei valori cristiani. Non si tratta di una semplice esposizione di capolavori, bensì di un percorso curatoriale che riflette sull’e -voluzione dell’estetica religiosa e sul ruolo dell’arte nella catechesi visiva, in particolare nell’epoca della Controriforma. L’organizzazione tematica della mostra permette di cogliere il processo attraverso il quale il mecenatismo papale ha reso la rappresentazione della fede un potente strumento comunicativo, capace di suscitare pathos e coinvolgimento emotivo nel fruitore. Fuori dal rigore cronologico, declina appunto i temi evangelici: l’infanzia, la maternità, la gioia e la sofferenza, la resurrezione, la misericordia, la speranza.
A riempire Castel Sant’An gelo sono 38 tele che restituiscono la relazione tra la Roma cristiana e quella pagana, tra il tema evangelico della libertà e quello costrittivo del potere. L’Arte dei Papi narra, opera dopo opera, i sogni, le certezze, le prove che permettono davvero all’essere umano d’essere “seme divino”, l’immagine a somiglianza di Dio. La “Madonna con il Bambino, San Giuseppe e San Pietro Martire” di Andrea del Sarto indica la gioia dell’esser famiglia, così come la manifesta Savoldo l’“Adorazione del Bambino con San Girolamo e San Francesco”, opera di Giovanni Gerolamo Savoldo. Rilevanti temi dell’e sposizione sono affidati all’ “Ado razione dei pastori” di Luigi Crespi, all’ “Annunziata” di Carlo Maratti e, al contempo, ai sogni del Perugino, di Annibale Carracci, Pietro da Cortona, del Cavalier d’Ar pino, di Pompeo Batoni, Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, Anton Raphael Mengs, Battistello Caracciolo o delle nubi rosate di Federico Barocci.
Le incursioni storiche sono molteplici; molti i ritratti dei Papi; singolari le esplorazioni dell’arte contemporanea dedicata al sacro, come l’opera di Bruno Ceccobelli, Giuseppe Salvatori, Luigi Stoisa e di Giorgio Di Giorgio.
L’uso sapiente della luce, la ricerca della simmetria nella composizione e la teatralità della gestualità sacra sono elementi centrali di una poetica che trova nel naturalismo tardo-rinascimentale e nel dinamismo barocco due dei suoi punti di massima espressione. La mostra si distingue, inoltre, per il suo approccio interdisciplinare, che intreccia la storia dell’arte con gli studi di iconologia e con le più recenti ricerche sulla semantica della visione nel contesto della cultura figurativa cristiana. Uno degli aspetti più rilevanti dell’esposizione è il dialogo tra opere di epoche diverse, che consente di evidenziare il progressivo mutamento della rappresentazione del sacro e l’adatta mento della pittura ai nuovi modelli devozionali.
Un punto di forza istituzionale è il fatto che abbiano collaborato molti istituti nazionali del Ministero della Cultura, quali le Gallerie Nazionali di arte antica-Palazzo Barberini e Galleria Corsini, la Galleria Nazionale dell’Umbria, la Galleria Nazionale delle Marche e i Musei Reali di Torino-Galleria Sabauda, oltre all’Accademia Nazionale di San Luca e ad alcune istituzioni comunali quali il Museo della Città civico diocesano di Acquapendente.
Del patrimonio di quei soggetti prestatori sono stati privilegiati i depositi e le opere rare di grandi artisti ma non solo, nell’idea che un punto di forza della mostra sia anche la “restituzione” al visitatore di un mondo artistico tanto vasto quanto, per alcuni aspetti, poco conosciuto.
La riflessione sulla costruzione dell’iconografia papale e sulla funzione dell’arte nella trasmissione dei valori ecclesiastici non si limita a una semplice lettura stilistica delle opere, ma si inserisce in una più ampia indagine sulle strategie di comunicazione visiva della Chiesa nel corso dei secoli. In questo senso, la mostra non è solo un’occasione per ammirare capolavori, ma un invito a interrogarsi sul potere della rappresentazione e sul ruolo che l’arte ha avuto (e continua ad avere) nella costruzione dell’identità culturale occidentale.