Tolstoj non ebbe mai di questi dubbi, e se ciò gli fa onore sul piano meramente religioso, lo confina in un’iconografia statuaria. Perfino i capitoli di “Guerra e pace” acquisiscono una forma stilizzata ed immanente. Laddove nelle astrazioni di Dostoevskij il portato catartico strutturale della tragedia greca, citata in precedenza, si muove nella dinamica di gironi dal moto perpetuo della spirale. Un assetto cinetico che si ritrova finanche quando costruisce l’epopea familiare dei “Fratelli Karamazov”, in cui rifugge la saga familiare per un’indagine che sviscera i rapporti fra consanguinei senza concessioni al didascalico. Questo perché lui viveva sulla propria pelle tutto quanto poi destinava alla carta. Lo testimonia l’esperienza della grazia, che gli risparmiò solo all’ultimo momento la fucilazione. La presta all’Idiota