Martedì 16 settembre 2025, ore 16:57

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Il Palazzo presidenziale è un condensato di storia; svariate riproduzioni pittoriche ne fotografano l’aspetto tra il XVII e il XIX secolo. Le celebri vedute topografiche di Gaspar van Wittel registrano in una limpida atmosfera l’aspetto vivo di piazza Montecavallo colta in una quotidianità ordinaria abitata da figurette affaccendate nell’area racchiusa tra i Dioscuri e la facciata del Quirinale. Un aspetto quieto che muta in occasione dei fastosi transiti di ambasciatori al Palazzo, quando la piazza si affollava di variopinti cortei principeschi e rifulgeva degli ori che arabescavano le livree gallonate di dignitari e valletti e le maestose carrozze di corte trainate da cavalli addobbati. Vedute cronachistiche e topografiche vanvitelliane ma anche di molti artisti come Anonio Joli, Johann Wilhelm Baur, Giovanni Paolo Panini, Antonio Cioci, Ippolito Caffi. Testimonianze pittoriche che registrano l’importanza della piazza posta sulla sommità del colle del Quirinale e l’aspetto dell’omonimo Palazzo che, realizzato a partire dal 1583 per iniziativa di Papa Gregorio XIII su progetto di Ottaviano Mascherino, ha visto ampliamenti e adattamenti succedutisi in 440 anni di vita. Il palazzo, residenza di trenta Pontefici (dal 1592 fino al 1870, quando divenne la reggia dei sovrani d’Italia), è stato oggetto di importanti ampliamenti sotto Paolo V Borghese, che completava l’architettura del corpo di fabbrica principale dapprima con la costruzione dell’ala est e del grande scalone, quindi con l’ampliamento della parte sud occidentale della residenza e la costruzione della Cappella Paolina ad opera dell’architetto Carlo Maderno, il più noto nella Roma del tempo. La cappella presenta delle dimensioni considerevoli (una lunghezza di 42 metri, 13 di larghezza e 20 di altezza); fu destinata da sempre esclusivamente ad un uso interno e ha ospitato alcuni conclavi e le nozze tra Umberto II di Savoia e Maria José del Belgio

( 14 gennaio 2022 )

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Apre ad ottobre, presso il Castello di Miradolo, la mostra "Betty Danon. Io e gli altri", curata da Roberto Galimberti

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