In “Il limite dell’utile” compare il concetto di dépense che può essere tradotto in italiano con parole come spreco, perdita, sperpero, eccesso, lusso, ma non evidentemente il lusso che si esibisce esteriormente come segno di successo e di superiorità. Lo spreco, in quanto massima principale di un’etica dell’inutile, è tante cose insieme: passione mistica, virtù intersoggettiva, slancio comunitario. E’ la modalità con cui chi possiede di più mette in circolo (invece di conservarlo avidamente o investirlo in modo redditizio) il surplus della propria ricchezza a beneficio di altri sotto forma di feste, cerimonie propiziatorie, offerte votive, elargizioni, incentivando i vincoli interpersonali e la coesione sociale. In senso più estremo, è anche il dispendio di sé, il sacrificio, la decisione coraggiosa di lottare, fino a immolarsi, per una causa, un credo, un bene superiore a quello individuale. Un modello di quella esperienza interiore, cui non è estranea una certa laica santità, con cui l’io si dona agli altri o meglio dona agli altri il suo io. "Un giorno - scrive Bataille – ogni uomo dovrà vedere che i comportamenti utili non hanno di per sé alcun valore, che solo i comportamenti gloriosi arrecano luce alla vita, solo essi hanno saputo valorizzarla. La borghesia dovette svilire questo valore per sviluppare i propri affari”.