Mercoledì 17 aprile 2024, ore 0:25

Dibattito

Garanzie e diritti, possibile una sintesi alta

Il tema del lavoro, come tutte le questioni sensibili, viene spesso affrontato dalla politica con toni e argomentazioni non sempre di merito. Allora, Presidente Mura, le chiedo: in sede di commissione, tra i rappresentanti delle diverse forze politiche un tema come la contrattazione - nazionale e decentrata - viene affrontato con sano pragmatismo oppure in modo ancora ideologico?
Innervare le questioni di merito con idealità e punti di vista portati da ciascun parlamentare in rappresentanza della società è il senso autentico del confronto parlamentare: è la politica, è la ricerca della migliore soluzione. L’approccio ideologico non risponde ai bisogni e alle attese individuali e collettive. Vale in particolare per le tematiche del lavoro, che attengono ai diritti e alla vita delle persone. In commissione Lavoro si svolge un dibattito che si alimenta di differenze, ma sempre orientato a una sintesi alta. Ciò è vero specie rispetto alla contrattazione nazionale e decentrata, che incide sull’organizzazione del lavoro e sull’ampliamento dei diritti dei lavoratori. Siamo in una fase politica in cui appare possibile far sintesi rispetto alla necessità di ampliare le garanzie, i diritti sociali e la dignità che solo il lavoro può assicurare. Ci sono obiettivi su cui possiamo convergere a livello istituzionale, fissando principi generali e poi delegando la contrattazione a declinare i dettagli. Tra questi principi ci sono una retribuzione giusta, una formazione buona e permanente come prima leva di promozione e protezione sociale, la cultura della sicurezza, un pacchetto di strumenti di sostegno e accompagnamento nei periodi di disoccupazione involontaria, tesi all’attivazione di virtuosi percorsi di ricollocazione nel mercato del lavoro. E poi c’è il più grande squilibrio del nostro Paese: la sottovalutazione e il deprezzamento delle competenze delle donne.
Andiamo nel concreto. Torna periodicamente al centro del dibattito il tema del salario minimo. Lei sostiene giustamente la necessità di costruire un argine di protezione per i lavoratori, contro la concorrenza sleale, contro il ribasso delle retribuzioni e in sostanza contro il lavoro povero e sfruttato. Ma con il salario minimo non c'è piuttosto il rischio di far uscire milioni di lavoratori dal perimetro della contrattazione, facendo venire meno tutele fondamentali che solo la contrattazione garantisce?
In Italia un lavoratore su quattro ha un salario basso e una famiglia di occupati su dieci è povera: il tema del salario minimo o della giusta retribuzione deve essere priorità dell’agenda politica. Il lavoro nero, precario o informale (prevalentemente femminile) condanna le nuove generazioni a una povertà strutturale. Molti giovani di oggi vivranno ai margini anche da vecchi con pensioni al limite della dignità. Il salario minimo, unito a parametri chiari che misurino la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali che siedono ai tavoli di concertazione, può invece rafforzare il ruolo e l’efficacia della contrattazione di qualità. Oggi ci sono contratti pirata sottoscritti da organizzazioni dalla rappresentatività discutibile, che vincolano i lavoratori a condizioni retributive e giuridiche inaccettabili. E ci sono settori, quelli particolarmente innovativi e ad alto contenuto tecnologico ma anche alcune parti della filiera logistica, fuori da qualsiasi dinamica contrattuale e di concertazione, in cui i diritti dei lavoratori sono elemento accessorio. C’è dunque la necessità di ampliare la sfera di protezione sociale, valorizzando e rafforzando il ruolo della contrattazione. Se non l’unico, la giusta retribuzione rimane un elemento fondamentale della qualità del lavoro. E sui tavoli nazionali e di prossimità si può avere una visione completa dei diritti e doveri dei lavoratori.
Che risposta ha dato la contrattazione in termini di tutele per affrontare le diverse forme di diseguaglianza aggravatesi con la pandemia?
Durante i giorni più duri della pandemia e del lockdown la concertazione fra le parti sociali e il loro dialogo con le istituzioni ha consentito al Paese di non spegnersi. I protocolli sottoscritti per consentire la continuità della produzione dei beni e dei servizi essenziali, l’opera prestata dai lavoratori della sanità, della scuola, della grande distribuzione, del comparto energetico e delle connessioni, dell’informazione, dei trasporti e della logistica, sono stati uno dei momenti più alti della nostra storia repubblicana e hanno tenuto in piedi il Paese. Il blocco dei licenziamenti e le risorse pubbliche rese disponibili per estendere la cassa integrazione a comparti che mai ne avevano beneficiato è stato l’altro elemento che ci ha consentito di reggere oltre due anni di emergenza. Questi strumenti e la condivisione costante fra istituzioni e parti sociali hanno tamponato le disuguaglianze, senza cancellarle. Per ridurne perimetro ed entità servono gli interventi strutturali cui ho accennato. E dobbiamo intensificare il dialogo sociale, poiché la storia anche recente insegna che non funzionano le riforme calate dall’alto, non condivise e non concertate.
E a proposito di diseguaglianze, resta sostanzialmente irrisolta la questione femminile. Quale deve essere nell'agire concreto il ruolo della contrattazione per una effettiva parità di genere?
Una contrattazione di qualità può agire positivamente sulla parità di genere. L’intervento per una flessibilità di tempi, luoghi e modalità di lavoro deve promuovere la condivisione dei carichi di cura all’interno del nucleo famigliare e quindi dare le stesse opportunità professionali a donne e uomini. Nel nostro Paese esistono forti ostacoli alla piena occupazione femminile: l’organizzazione sociale e famigliare poggia su una netta divisione dei ruoli, con carichi di lavoro di cura totalmente sulle spalle delle donne, e il nostro sistema di welfare riflette questo modello organizzativo. Eccettuate alcune eccellenze territoriali con forte welfare di prossimità, spesso la donna deve scegliere se lavorare o stare in casa, coi figli o a farsi carico degli altri oneri di cura. Non è un caso se il part time involontario è soprattutto femminile, se 1 donna su 3 non torna al lavoro dopo la prima gravidanza e se oltre il 70% delle dimissioni da lavoro di genitori di figli fra 0 e 3 anni sono di lavoratrici. Questa situazione richiede di mettere mano al sistema di welfare (con il Pnrr ci stiamo investendo), di arrivare presto al congedo di paternità obbligatorio e pari a quello di maternità, di intervenire sui modelli organizzativi, sui tempi, modi e luoghi di lavoro. E su questi aspetti si interviene efficacemente con la contrattazione.
Nella contrattazione c'è sempre più spazio a quell'autentica emergenza rappresentata dalla sicurezza nei luoghi di lavoro. C'è altrettanta consapevolezza nel mondo politico?
La consapevolezza non manca, a scorrere tutti i provvedimenti assunti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro negli ultimi due anni. Si è intervenuti con norme che valorizzano e rafforzano la vigilanza dell’Ispettorato nazionale del lavoro, aumentata di oltre il 30% nel 2021. Nell’edilizia, settore fra i più colpiti da infortuni e dove i controlli rivelano un livello impressionante di irregolarità, si è istituito il Durc di congruità e si è stabilito l’obbligo di applicare il Contratto collettivo per le imprese che accedono alle agevolazioni edilizie del 110%. Abbiamo un impianto legislativo in forte adeguamento: manca ancora nel Paese una complessiva e diffusa cultura della sicurezza, anzi in alcuni settori c’è una totale elusione delle più elementari regole di sicurezza. Gli investimenti in sicurezza sono considerati un costo che frena la competitività, ma è il contrario: oltre al costo sociale in termini di infortuni talvolta mortali, l’insicurezza genera un enormità di costi per il sistema sanitario e di assicurazione sociale. Non mi stancherò di ripeterlo: il lavoro sicuro e di qualità può costituire una delle principali leve competitive per il nostro sistema produttivo.
Con riferimento alla contrattazione, cosa riserva il futuro del mondo del lavoro tra flessibilità, Covid e nuovi modelli organizzativi?
La contrattazione rappresenta il principale strumento per portare a compimento cambiamenti strutturali nella riorganizzazione di modi, tempi e luoghi del lavoro. Lo smart working, ad esempio, potrà non convincere tutti ma continuerà a conquistare spazi rispetto al lavoro tradizionale, anche perché soddisfa la nuova tendenza a recuperare spazi di autonomia in termini di luoghi e tempo, privilegiando il risultato sulla prestazione. Sul lavoro agile, di cui ci stiamo occupando in commissione, dovremo fissare alcuni principi a livello legislativo, tra cui quello fondamentale alla disconnessione che diventa lo spartiacque fra una modalità di lavoro di qualità e nuove forme di alienazione perfino peggiori delle attuali. Fatto ciò è la contrattazione centrale e di prossimità a definire i dettagli.

Giampiero Guadagni
(L’intervista è pubblicata sul Working paper 24/22 della Fondazione Tarantelli)

( 1 aprile 2022 )

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