Lunedì 7 ottobre 2024, ore 12:20

Osservatorio Inps 

La pandemia della precarietà 

Nel 2021 sono state autorizzate complessivamente alle aziende 2,821 miliardi di ore di cassa integrazione il 35% in meno rispetto all'anno precedente. Lo comunica l'Inps nel suo Osservatorio sulla cassa integrazione. Il numero totale di ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nel periodo dal 1° aprile 2020 al 31 dicembre 2021, per emergenza sanitaria, è pari a 6,567 miliardi. A causa dell'aumento dei contagi a dicembre gli ammortizzatori con causale Covid sono cresciuti del 147% rispetto a novembre raggiungendo quota 86,8 milioni di ore.
Per la cig in deroga il settore che ha avuto il maggior numero di ore autorizzate è il commerci, seguito da alberghi e ristoranti. Le regioni più coinvolte sono nell'ordine Lombardia, Lazio e Veneto.
Nell'Osservatorio sul precariato, l'Inps segnala poi che nei primi 10 mesi del 2021 sono state attivate dai datori di lavoro privati 5.987.000 assunzioni con un aumento del 20% rispetto allo stesso periodo del 2020. Le cessazioni nello stesso periodo sono state in complesso 5.129.000 (+8%). Si ha un saldo positivo per i contratti di 858mila unità trainato dalla crescita dei rapporti a termine (oltre 415mila la variazione netta nel periodo). Il saldo positivo per i contratti a tempo indeterminato è di 152mila unità.
L'aumento delle assunzioni ha riguardato tutte le tipologie contrattuali, risultando però più accentuato per le assunzioni in somministrazione e stagionali (+30%), mentre è stato pari al 24% per l'apprendistato e al 18% per contratti a termine e intermittenti. Sono in crescita anche le assunzioni a tempo indeterminato sui primi dieci mesi del 2020 (956.530, +11%). Rispetto ali primi dieci mesi del 2019 le assunzioni risultano diminuite nel complesso del 7%. Le trasformazioni da tempo determinato nei primi dieci mesi del 2021 sono risultate 397.000 con un calo del 7% sul 2020. Le cessazioni fino a ottobre 2021 sono state in complesso 5.129.000 con una crescita dell'8%. Risultano in flessione solo le cessazioni dei contratti intermittenti (-8%), mentre si ha un aumento per tutti gli altri contratti;. In particolare per i contratti a tempo indeterminato si registra un aumento del 14% ma bisogna tenere conto dei fatto che nel 2020, dall'inizio dell'emergenza sanitaria è stato in vigore blocco dei licenziamenti. Rispetto al 2019 (sempre per il periodo gennaio-ottobre) le cessazioni complessive risultano calate del 12% (quelle a tempo indeterminato del 10%). Il saldo annualizzato, vale a dire la differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi che identifica la variazione tendenziale delle posizioni di lavoro risulta positivo a ottobre per 583mila unità. . In particolare, per il tempo indeterminato la variazione positiva risulta pari 184.000 unità; ancora più consistente risulta l'incremento del tempo determinato (+233.000) e rilevante pure quello dei contratti di somministrazione (+78.000). (ANSA).
Insomma, in Italia il precariato è in aumento. Mercoledì al Cnel sono stati analizzati alcuni dati significativi in merito. I lavoratori dipendenti a tempo determinato sono aumentati del 5,4%, passando dai 2,9 milioni di febbraio 2020 a 3 milioni e 67 mila di ottobre 2021. Si tratta di un numero maggiore di quello pre-pandemico. Anche le comunicazioni obbligatorie mostrano che nel 2021 la quota dei rapporti di lavoro cessati, con durata inferiore o pari a un anno, era il 74,7% nel primo trimestre e l'82,3% nel terzo trimestre, mentre i contratti con durata tra 1 e 3 giorni sono cresciuti da 265 mila a 433 mila (+63,4%) nello stesso periodo. Per il presidente Treu “restano troppo diffuse ed elevate le forme di lavoro precario, come il part-time involontario e i contratti a termine. Qui i caratteri negativi non consistono solo nella quantità di lavori temporanei, ma nella loro spesso brevissima durata che impedisce ogni prospettiva di sviluppo, e per altro verso nelle ridotte possibilità di trasformarli in contratti a tempo indeterminato o nei tempi lunghi della possibile trasformazione. Questo è un segno drammatico dell'incertezza delle prospettive che pesa anche sulle imprese disponibili ad assumere”.
Con questo incontro il Cnel ha iniziato ad analizzare il processo di allargamento della platea del cosiddetto "lavoro povero", che si aggiunge a quella dei disoccupati e agli inattivi in età lavorativa, determinando un'estesa area di disagio occupazionale e salariale che rischia di accrescersi ulteriormente a causa dell'incremento degli occupati a termine e part-time.
Su lavoro precario e occupazione di qualità si sono confrontati anche il ministro Orlando e le parti sociali. Per Orlando “non può funzionare la politica dei due tempi con una ripresa che dimostra il recupero dei livelli di occupazione ma con una contrattazione prevalentemente precaria ed un aumento del gap lavorativo tra uomini, donne e giovani”. L'incontro, spiega il segretario confederale della Cisl Romani, “è stato un momento di ricognizione generale. C'è l'impegno a rivederci entro fine mese per discutere di una serie di temi importanti, temi relativi alla questione del lavoro instabile, precario o flessibile la discussione è aperta, ai lavoratori delle piattaforme, a come si incentiva la contrattazione. Anche il tema del lavoro povero va affrontato all'interno di un grande patto sociale”. La Cisl ha ribadito il no al salario minimo e ad una legge sulla rappresentanza. Osserva Romani: “Abbiamo letto la relazione sul salario minimo, ha un'analisi molto ampia e in buona misura condivisibile. Le proposte che ne conseguono, però, non colgono l'essenza dell'analisi. Siamo assolutamente convinti che il salario minimo sia un errore. Il problema del salario minimo non dipende solo dalle politiche salariali, ma dall'orario lavorato, dalla discontinuità lavorativa. Non si risolve mettendolo in vetrina”. Quanto alla rappresentanza, aggiunge il dirigente cislino, “siamo pronti a misurarla secondo gli accordi pattizi che sono già sono in sperimentazione. Per quanto riguarda i contratti principali, chimico e metalmeccanico l'anno prossimo c'è la misurazione della rappresentanza. Per questo motivo non c'è bisogno di fare la legge”.
Giampiero Guadagni

( 20 gennaio 2022 )

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