Tasse sempre in aumento, anche se, per ora, in misura contenuta. Infatti, nel terzo trimestre del 2018, tra luglio e settembre, la pressione fiscale è stata pari al 40,4% del Pil, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il dato arriva dall’Istat con i conti trimestrali delle pubbliche amministrazioni.
Il rapporto deficit Pil si è attestato all'1,7% in leggero miglioramento rispetto all'1,8% dello stesso periodo dell'anno precedente (vedi articolo pagina 2). In questo modo, il saldo primario delle amministrazioni pubbliche (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo, con un'incidenza sul Pil del 2,0 per cento, a fronte dell'1,6% nel terzo trimestre del 2017.
Il tutto in attesa degli effetti della manovra, approvata a fine anno dal Governo giollaverde. Dai primi dati, sfioreranno i 13 miliardi di euro in tre anni le maggiori entrate attese dalla prima legge di Bilancio targata M5s-Lega. A fare i conti del maxi-aumento di tasse è stato l’ufficio studi del Consiglio nazionale dei commercialisti che stima, dal punto di vista della pressione fiscale, un saldo netto di 12,9 miliardi di maggiori entrate tributarie nel periodo 2019-2021. Importi sui quali, però, precisano i professionisti, pesa l’incognita della tassazione locale. Nel dettaglio è previsto che dalle santorie, giunte ormai a ben dieci differenti tipologie con l’aggiunta del saldo e stralcio per i contribuenti in difficoltà economica, affluiscano nelle casse dell’Erario 7,3 miliardi. Ci saranno anche gli effetti, inizialmente positivi per lo Stato, delle scelte di imprese e persone fisiche che volontariamente vorranno avvalersi di regimi opzionali di rivalutazione, o estromissione fiscale dei beni. Le vere e proprie tasse aggiuntive permetteranno, si legge nell’analisi dei commercialisti, di ricavare 12,4 miliardi. A saldare il conto banche e assicurazioni (5,6 miliardi), imprese (2,4 miliardi), i concessionari del gioco (2,1 miliardi), l’economia digitale (1,3 miliardi), i consumatori (0,6 miliardi) e gli enti del no-profit (0,4 miliardi).
A seguire, 6,8 miliardi saranno le note positive di riduzione del prelievo fiscale, concentrate essenzialmente sulle partite Iva individuali(-4,8 miliardi) e sul settore immobiliare, dell’edilizia e degli interventi sulla casa in generale (-1,8 miliardi), cui si aggiungono alcuni capitoli marginali (- 0,2 miliardi). Nel tradurre in numeri l’aumento della pressione fiscale già stimato dall’Ufficio parlamentare di bilancio, bisogna conteggiare i tributi locali: un calcolo non facile, premesso che la Legge di Bilancio da un lato non conferma il blocco degli aumenti delle aliquote Irap, Imu, Tasi ed addizionali regionali e comunali all’Irpef (che già c’è da tre anni), dall’altro, consente espressamente aumenti fino al 50% dell’imposta comunale sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni.