Martedì 23 aprile 2024, ore 13:57

Energia pulita

La via dell'idrogeno

Il ruolo dell’energia pulita nella sfida del Green Deal europeo
L’idrogeno è l’elemento più diffuso nell’universo. Tre quarti del cosmo, a partire dalle stelle e dal sole, è fatto di idrogeno. Questo gas incolore ed insapore, che non esiste da solo in natura, si  trova nell’acqua, dove è legato all’ossigeno, nei composti organici, combinato al carbonio e all’ossigeno, e infine negli idrocarburi, in particolare nel metano, dove è unito al carbonio.
L’idrogeno, che è  leggerissimo, si ricava scomponendo l’acqua o attraverso trasformazioni chimiche, a partire da combustibili fossili come il carbone e il metano. Definito “vettore” di energia come l’elettricità, è un gas infiammabile, ma non è tossico né corrosivo e, al contrario di carbone, petrolio e gas naturale, in caso di fuoriuscita, non inquina né i terreni né le falde acquifere.
La strategia europea sull’idrogeno
Per queste ed altre ragioni, l’interesse verso questo elemento chimico è cresciuto molto, soprattutto nei settori industriali e nei trasporti dove è possibile utilizzarlo nel difficile e lungo processo di “decarbonizzazione” di fabbriche e veicoli per i quali l’elettrificazione è impossibile o troppo costosa.
Nel luglio scorso la Commissione Europea ha presentato la sua “strategia per l’idrogeno” denominata “Building a hydrogen economy for a climate-neutral Europe. A strategic roadmap”, che definisce un percorso per incentivarne l’uso, in considerazione anche degli obiettivi del Green Deal europeo e della decarbonizzazione al 2050.  
La strategia europea riconosce diverse modalità di produzione dell'idrogeno - ferma al 2% e che Bruxelles vorrebbe aumentare al 14% entro il 2050 - in base alla tecnologia utilizzata e alla fonte energetica, con costi e implicazioni differenti, soprattutto a livello di emissioni.
Il dibattito sull’utilizzo dell’idrogeno verde (prodotto da elettrolizzatori alimentati con elettricità rinnovabile al 100%) e dell’idrogeno blu (prodotto invece da combustibili fossili tramite cattura e stoccaggio del carbonio) è in corso, anche se la Commissione europea punta, nel lungo termine, sull’idrogeno verde, mentre nel breve e medio periodo ammette la necessità di utilizzare l’idrogeno blu. Resta completamente escluso, invece, l’idrogeno grigio, prodotto da combustibili fossili e con un impatto rilevante sulle emissioni.
Il Piano italiano
Per i prossimi dieci anni, il governo italiano prevede l’applicazione dell’idrogeno nel settore dei trasporti, nelle ferrovie e nell’industria, in particolare in quei segmenti in cui è già impiegato come materia prima, ad esempio nel settore della chimica e nella raffinazione petrolifera.
Le "Hydrogen valleys", ecosistemi che includono sia la produzione che il consumo di idrogeno, potranno fornire aree per la diffusione dell’idrogeno entro il 2030, portando a una sua possibile applicazione in altri settori. Lo strumento cardine per sostenere gli investimenti è il Recovery Plan italiano, ma ulteriori risorse potranno essere concesse dall’Innovation Fund - il programma con cui Bruxelles investe in progetti sulle tecnologie pulite - e dal Piano Operativo Nazionale (PON) 2021-2027.
Al di là delle risorse finanziarie, resta però fondamentale definire politiche sullo sviluppo dell’idrogeno. Serve infatti un quadro normativo nazionale ed europeo per l’impiego dell’idrogeno lungo tutta la catena del suo valore, a partire dal trasporto, distribuzione e stoccaggio.
Uno studio dal titolo “H2 Italy 2050” di The European House – Ambrosetti, illustrato a Cernobbio l’estate scorsa, stima un impatto sul Pil italiano degli investimenti sull’idrogeno tra i 22 e i 37 miliardi di euro entro il 2050, con ricadute rilevanti sull’occupazione. Si parla di oltre 500mila nuovi posti di lavoro nella nuova filiera e di risvolti positivi soprattutto sull’ambiente, con una riduzione drastica delle emissioni di CO2.  
“L’idrogeno – ha detto a Cernobbio Marco Alverà, amministratore delegato di Snam – può essere il migliore alleato dell’elettricità rinnovabile per consentire all’Italia di essere protagonista nella lotta globale ai cambiamenti climatici e al tempo stesso di promuovere nuove opportunità di sviluppo e occupazione. Se fino a pochi anni fa i suoi costi erano insostenibili, oggi l’idrogeno ha finalmente allargato l’orizzonte tecnologico delle opzioni a disposizione. Come emerge dallo studio, grazie alla posizione geografica, alla forza del settore manifatturiero ed energetico e a una capillare rete di trasporto gas, il nostro Paese ha le potenzialità per diventare un hub continentale dell’idrogeno verde e un ponte infrastrutturale con il Nord Africa, assumendo un ruolo importante nella Hydrogen Strategy europea”.
Sempre secondo lo studio di The European House – Ambrosetti, nei prossimi anni l’Italia potrà giocare un ruolo da protagonista nella riconversione tecnologica e nel consolidamento della filiera dell’idrogeno, in virtù di un posizionamento forte in alcuni settori, come quello della produzione di tecnologie termiche per l’idrogeno (primo produttore in Europa, con una quota di mercato del 24%), di tecnologie meccaniche per l’idrogeno (secondo produttore in Europa, con una quota di mercato del 19%) e di tecnologie per la produzione di idrogeno rinnovabile (secondo produttore in Europa, con una quota di mercato del 25%).
Piemonte Hydrogen Valley
In questo quadro si colloca il progetto “Piemonte Hydrogen Valley” con il quale il Piemonte si candida a diventare un hub centrale per lo sviluppo dell’Idrogeno in Italia. Vale la pena ricordare che la regione è tra le poche nel paese ad avere costruito e sostenuto negli anni la creazione di una filiera dell’idrogeno. A partire dal 2003 ha favorito la creazione, nell’ambito del parco tecnologico di “Environment Park”, del laboratorio “Hysylab” e diversi programmi di ricerca dedicati. Oggi il Piemonte è una eccellenza di livello europeo e le sue imprese e centri di ricerca sono in grado di rispondere alle nuove sfide sulle tecnologie dell’idrogeno lanciate dai mercati internazionali. Da oltre dieci anni (dal 2009) i centri di ricerca e le imprese del sistema idrogeno piemontese partecipano al programma di ricerca europeo Fuel Cells and Hydrogen (FCH) e la regione è presente nel 33% dei progetti Italiani, beneficiando del 18% dei fondi assegnati: dati che confermano la qualità del sistema territoriale in questo settore su scala europea e nazionale.
Industrie come Iveco e Fpt Indutrial stanno sviluppando, proprio a Torino, un programma che riguarda i propulsori fuel cell (celle a combustibile) a idrogeno per i mezzi che richiedono una grande quantità di energia, come i camion per il trasporto a lungo raggio. E non è casuale, che proprio nelle ultime settimane, il gruppo cinese Faw Jiefang abbia presentato una offerta per l’acquisto di Iveco, e quindi di quote di Fpt, con conseguenze imprevedibili, e certamente negative, sullo sviluppo del polo torinese dell’idrogeno.
Il progetto piemontese per la nascita del polo dell’idrogeno presentato al governo e accompagnato da una richiesta di finanziamento di 150 milioni di euro, nell’ambito dei 2 miliardi del Recovery Plan destinati a questa mission, si sviluppa in un arco temporale di 5 anni, dal 2021 al 2025, e coinvolge l’area di Torino, del Verbano Cusio Ossola e del Cuneese.
Nelle attività di formazione e ricerca saranno impegnati gli atenei del territorio come il Politecnico e l’Università, mentre il Parco Tecnologico Environment Park, in qualità di soggetto gestore di uno dei poli di innovazione regionali, oltre ad vere un ruolo nella progettazione, opererà a supporto dell’intera azione di sviluppo.
Il polo dell’idrogeno piemontese - a cui guardano con interesse tutti i principali soggetti istituzionali e sociali della regione - rappresenta, con sempre maggiore consapevolezza e convinzione delle classi dirigenti, una nuova via, una concreta possibilità di crescita e un’occasione importante per migliorare l’ambiente e la qualità della nostra vita. 

Rocco Zagaria

( 16 febbraio 2021 )

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