La città di Lucca si prepara ad accogliere i suoi visitatori fino al 2 ottobre del 2022 offrendogli, oltre alle bellezze storiche, naturalistiche ed artistiche che il suo territorio vanta da sempre, anche una delle più interessanti mostre legate all’arte del Seicento grazie all’allestimento presso il restaurato edificio della ex Cavalerizza, lungo le sue mura medioevali, della mostra “I pittori della luce. Da Caravaggio a Paolini” curata da Vittorio Sgarbi. Sicuramente di grande effetto scenografico l’allestimento è in grado di far percepire al pubblico, anche dal punto di vista emotivo, il rapporto tra luce e buio che caratterizza non solo la pittura di Caravaggio ma anche quella degli artisti italiani e d’oltrealpe che a lui si sono ispirati, con un ampio focus intorno a Pietro Paolini, pittore lucchese che in modo soggettivo riprende i caratteri del maestro, divenendo uno dei più importanti interpreti delle tematiche estetiche della nuova scuola naturalistica del Seicento. Nella penombra, come lampi che squarciano il cielo, le opere dei più grandi caravaggisti illuminano gli spazi dell’esposizione fin dalla prima sala, dove trovano posto tre capolavori del Merisi, “Il ragazzo che monda un frutto “ opera giovanile, intima, appartenente agli anni romani, la grande pala d’altare “Il seppellimento di Santa Lucia” dipinta negli anni maturi dopo la fuga dell’artista da Malta quando l’artista si trovava a Siracusa ed infine “Il cavadenti”, una delle poche opere di genere dell’autore, espressione della rivoluzione di Caravaggio, che sicuramente influenzò la produzione di Pietro Paolini, autore centrale della mostra.
Il percorso, costituito da ben cento opere, segue nelle prime stanze un ordine cronologico legato al rapporto dei pittori “caravaggeschi” con la luce, dagli artisti del primo decennio, con Pieter Paul Rubens, presente in mostra con l’opera “Adorazione dei Pastori”, Orazio Gentileschi, Pietro Sigismondi, passando per quelli del secondo decennio (Caroselli, Manfredi, Baglione, Guerrieri) per i quali inizia a maturare un nuovo concetto di luce, a quelli del terzo decennio come De Boulogne, De Ribera, Serodine, nelle cui opere la luce ormai è protagonista indiscussa, per raggiungere il punto di massima intensità e intimismo “luministico”, come capacità di vedere tutto al buio, con i capolavori di Pietro Paolini, le cui trenta opere costituiscono il nucleo principale della mostra (una vera e propria monografica), spaziando da una pittura di genere, ai soggetti caravaggeschi, ai concerti, fino “Alla congiura di Vallenstein,”opera dal tema storico. Poche sono le notizie biografiche relative a questo pittore, ritenuto con Pompeo Batoni uno dei più importanti esponenti del mondo artistico di Lucca, città in cui nacque nel 1603 e dove morì nel 1681. Si sa che trascorse diversi periodi della sua giovinezza a Roma, dove entrò a contatto con gli ambienti caravaggeschi e che si recò a Venezia prima del 1629, quando in seguito della perdita del padre, fece ritorno nella sua città natale dove nel 1630 perse anche la madre a causa della peste e lì fondò l’”Accademia del naturale”. Il percorso si conclude chiudendo idealmente il cerchio dei “Pittori della luce” con altri due artisti lucchesi che hanno reso la luce protagonista delle loro opere, Pietro Ricchi e Giovanni Domenico Lombardo che riprende Paolini e che, come pittore accademico, fu maestro di Batoni. Ad arricchire scenograficamente l’allestimento sono presenti in alcune sale maestose sculture (un sudario, una pera, una viola, un candelabro) di Cesare Inzerillo e Marilena Manzella che “emergono dal buio delle pareti in stretto dialogo con i dipinti dei quali ne ricordano dettagli ingigantiti”, attualizzando ancora di più il rapporto tra vita e morte, attraverso un gioco di pieni e vuoti, luci e ombre.