Flaiano organizzava la sua personalità per i posteri in un mosaico disfatto che poi si sarebbe potuto ricomporre con l’intelligenza di chi vi riconosceva se stesso e i propri simili. L’apocalisse permanente già in vigore ai tempi di Flaiano, quella che ora viene definita “permacrisis” e nel 2022 è la parola dell’anno, lui l’aveva liofilizzata nel suo motto più celebre: «La situazione è grave, ma non seria».
Flaiano scrisse per Fellini “La dolce vita” pescando nelle sue memorie abruzzesi un termine che sarebbe entrato nel lessico corrente: paparazzo. A Francavilla a Mare, provincia di Chieti, indica il mitilo, la cozza. Nella pellicola di Fellini è l’indice flaianeo. La creatività letteraria condensata in un unico termine. Il paparazzo, mitilo ignoto che fotografa i divi allo sbando per il voyeurismo morboso di un popolo, quello italiano, ormai incapace di NON riconoscersi nei vizi dei potenti. I quali, poi, ne approfitteranno per proclamarsi legittimi detentori del metro etico valido per tutti e superiore alle leggi. Purtroppo per loro, Flaiano non li assolse mai. Peccato per chi è venuto dopo, che un Flaiano non l’ha più avuto.