Centinaia di migliaia di persone muoiono ogni anno per malattie contratte in seguito all'esposizione all'amianto, ancora ampiamente utilizzato nonostante la riconosciuta pericolosità per la vita di lavoratori e cittadini. La mancanza di una normativa internazionale vincolante che ne limiti la produzione e la commercializzazione ha condotto dodici nazioni africane, sostenute dall'Ituc, la Confederazione Internazionale dei Sindacati, e da IndustriAll, il sindacato mondiale dell'industria, a chiedere l'inserimento dell'amianto nella lista dei materiali pericolosi della Convenzione di Rotterdam i cui componenti si riuniranno, a Ginevra, tra il 24 aprile e il 5 maggio prossimi. Riuscire a fermare la produzione e il commercio dell'amianto a livello internazionale non sarà però facile, considerando i grandi interessi economici del business della produzione e del commercio che vede, in prima fila, giganti del calibro di Russia, Cina e Brasile.
Sono sessanta i paesi nel mondo ad aver bandito l'amianto. Nonostante la sua accertata pericolosità, nel 2015 se ne estraevano ancora due milioni di tonnellate all'anno, secondo i dati dell'Istituto Geologico degli Stati Uniti. L'amianto è ancora utilizzato nel settore delle costruzioni, nell'automotive e come riparo da sole e intemperie nei paesi più poveri. Un mercato di enormi dimensioni che vede fra i principali produttori la Russia, con il 50% della produzione globale, la Cina, con il 20%, il Brasile, con il 15,6% e il Kazakistan, con 10,8% mentre il Canada, che produceva il 9% dell'amianto a livello mondiale, ha deciso di chiudere le sue miniere nel 2012. La possibilità di intervenire a livello internazionale è stata finora pregiudicata proprio dagli interessi dei paesi produttori, nonostante un chiaro pronunciamento dello Iarc, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro delle Nazioni Unite, che ha riconosciuto l'amianto come cancerogeno e ha chiesto di bandirne l'utilizzo in ogni sua forma.
(Articolo completo domani su Conquiste Tabloid)