Giovedì 9 maggio 2024, ore 20:27

Scenari

Il contrabbando è uno stile di vita nei mercati informali della Bolivia

I mercati del contrabbando urbano della Bolivia riflettono la realtà economica, sociale e storica del paese. Operando ai margini della legalità, rappresentano un’ancora di salvezza vitale per molte famiglie e rivelano una complessa relazione tra necessità, informalità e adattabilità economica. A Challapata, ogni domenica la piazza principale della città si riempie di auto giapponesi. Poche, se non nessuna, hanno la targa. E costano un terzo di un’auto importata legalmente. Gli acquirenti evitano non solo i dazi all’importazione ma anche la tassa di circolazione annuale. Il bellissimo reportage di Roxana Baspineiro pubblicato su Equal Times, racconta di un vivace sabato pomeriggio nella città di Cochabamba, in Bolivia, in un viale centrale diventato l’epicentro di quella che oggi è popolarmente conosciuta come la feria del contrabando, o mercato del contrabbando. Mentre il sole tramonta, i venditori si affrettano ad allestire le loro bancarelle in un’atmosfera frenetica, in cui si vende un’ampia varietà di prodotti acquistati attraverso canali irregolari a prezzi irrisori. “Il commercio illecito di beni su cui non vengono pagate tasse è stato un problema persistente in Bolivia e in tutta l’America Latina. Secondo l’Organizzazione Mondiale delle Dogane, la regione rappresenta l’80% del contrabbando globale. Grazie alla sua posizione geografica e ai controlli lassisti sul commercio irregolare, la Bolivia si è rivelata un terreno particolarmente fertile per tali attività” racconta Baspineiro. Secondo uno studio sul contrabbando in Bolivia presentato dalla Camera Nazionale delle Industrie (Cni) del paese, il valore delle merci contrabbandate negli ultimi dieci anni ammontava a 26 miliardi di dollari ed è aumentato del 44% tra il 2013 e il 2022. Nel 2022, il totale il valore delle merci di contrabbando ha superato i 3,3 miliardi di dollari, ovvero circa l'8% del prodotto interno lordo (Pil) del paese. Cifre da capogiro, insomma. E certo l’80% del contrabbando mondiale spiega un mondo parallelo di compravendite notturne. Come racconta a Equal Times Beatriz Muriel, direttrice esecutiva dell’Istituto per gli studi avanzati sullo sviluppo (Inesad), il commercio di beni di contrabbando è diventato un’importante fonte di reddito, attirando un numero significativo di lavoratori da altre aree in un momento in cui i costi sono elevati. Nel frattempo, lo Stato ha difficoltà a controllare tali attività a causa del gran numero di persone che lavorano in modo informale: secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), più dell’80% della popolazione della Bolivia lavora nell’economia informale, uno dei ta. Il contrabbando prospera grazie all’economia informale, alle opportunità limitate e alla disillusione nei confronti di promesse di impieghi che non si concretizzano mai. Si stima che circa due milioni di persone (su una popolazione di circa 12 milioni) siano impiegate nel traffico di merci di contrabbando. Nessuno di loro riceve la previdenza sociale, la pensione o altri benefici associati all’occupazione formale. Tuttavia, le famiglie coinvolte in queste attività vanno dalla “sussistenza al reddito elevato, a seconda delle merci di contrabbando che vendono. Gli articoli in vendita nei mercati di contrabbando vanno dai notebook alle automobili", afferma Muriel. Con l’aumento del contrabbando nel paese andino, i mercati informali si sono espansi nei centri urbani più grandi. La presenza di famiglie in questi mercati testimonia anche la realtà che i venditori devono affrontare: nonostante occupino l’ultimo anello della catena del contrabbando, sono criminalizzati, anche se il grande pubblico consuma apertamente prodotti di contrabbando in questi mercati. “Muovendosi nel trambusto dei mercati cittadini, si sentono spesso i venditori usare espressioni locale di rispetto, per rivolgersi ai propri clienti. Le venditrici, per lo più donne, che offrono in vendita una varietà di prodotti alimentari, detergenti e cosmetici, sono abili nella persuasione” racconta Roxana. In una popolazione dove i salari sono bassi, il contrabbando controlla l’inflazione e apre la possibilità di maggiori consumi. Gli abiti usati o gli elettrodomestici, per esempio, sono più economici da acquistare. I giocattoli sono più economici che in qualsiasi negozio formale. “Le transazioni che avvengono in questi mercati affollati sono quindi molto più di un semplice scambio commerciale: sono un riflesso delle storie di vita delle persone, un'espressione sia dei loro bisogni che della loro resilienza”. All’inizio i commercianti vendevano esclusivamente le loro auto, principalmente furgoni. Le vendite venivano effettuate aprendo e chiudendo le portiere dell’auto. Con il passare del tempo si sono spostati sui marciapiedi e nelle strade. I gruppi di persone all’interno della catena del traffico non è una massa omogenea. Tra di loro c’è una stratificazione sociale. Sebbene la maggior parte siano gruppi familiari, possono appartenere alla classe superiore, media o inferiore. E questo spiega perché nel panorama economico della Bolivia, “dietro i grandi gruppi imprenditoriali, come l’industria petrolifera, ci sono le grandi società importatrici” e poi i venditori. Ma dietro c’è un’intera catena. La visita ai mercati del contrabbando urbano, che operano senza restrizioni anche di giorno, “è un viaggio narrativo attraverso le esperienze delle famiglie che fanno parte dell’ultimo anello della catena del contrabbando. Le persone che vendono i beni svolgono il lavoro più duro e si trovano in una posizione di estrema vulnerabilità”. Roxana racconta ad esempio di Juana (nome di fantasia), 38 anni, madre di cinque figli, rappresentativa della situazione che devono affrontare molte famiglie di venditori che oltre ai rischi derivanti dalla vendita notturna in città, trasportano scatoloni pesanti e affrontano condizioni meteorologiche avverse. E oltre a questo devono anche svolgere il doppio ruolo di madre e capofamiglia, bilanciando la cura dei figli con le esigenze del lavoro di strada dalle 16 alle 23 di sera. Lucía (altro nome di fantasia), 20 anni, venuta dalla campagna in città per aiutare la zia a vendere ai mercati, racconta la complessità della sua esperienza, che a volte include molestie. “È complicato perché, oltre al fastidio di vendere,c’è sempre qualcuno che cerca di disturbarti mentre lavori”, dice. Lucía, che si prende cura anche delle sue due sorelle più piccole, vorrebbe emigrare all’estero in cerca di migliori opportunità dato che non considera la vendita di beni di contrabbando come una soluzione sostenibile: “I prezzi forniti dagli intermediari sono più alti ora. Nonostante i diritti del lavoro siano sanciti dalla Costituzione boliviana, la maggior parte dei cittadini del paese sudamericano sono ancora intrappolati in lavori precari”. 

Raffaella Vitulano

( 18 aprile 2024 )

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