Non si placano le polemiche dopo le frasi dell’imprenditore immobiliare australiano Tim Gurner, che hanno rivelato il vero volto del capitalismo. Un volto, nel suo caso come in molti altri, sfigurato dall’insofferenza verso i lavoratori e la classe media. Un volto lacerato da smorfie di intolleranza verso ogni possibile aumento dello standard di vita delle persone comuni. Ogni tanto un membro dell’élite aziendale esprime il suo vero pensiero nei consigli di amministrazione e smaschera la finzione secondo cui le politiche dei governi mirino a sollevare l’economia. È il caso delle dichiarazioni rilasciate dal multimilionario al vertice del settore edile organizzato dall’Australian Financial Review. Quando gli hanno chiesto cosa pensasse dell’immigrazione, Gurner ha esposto quella che può essere definita solo come un’agenda di guerra di classe: “Penso che il fatto che le persone abbiano deciso di non lavorare più così tanto durante il covid abbia avuto un effetto enorme sulla produttività. Negli ultimi anni i lavoratori sono stati pagati molto per fare poco e dobbiamo prenderne atto”. Gurner non ha poi fatto mistero di come risolvere il problema: “Dobbiamo aumentare la disoccupazione almeno del 40-50%”. Secondo i dati ufficiali attualmente sottostimati, un aumento del 50% del tasso di disoccupazione, dall’attuale livello del 3,7% al 5,6%, farebbe perdere il lavoro ad almeno almeno 275.000 lavoratori: “Dobbiamo vedere il dolore nell’economia”. Parla lui, la cui azienda ha un portafoglio di 9,5 miliardi di dollari, mentre il suo patrimonio personale ammonta a 677 milioni di dollari, collocandolo al 192° posto nella lista dei 250 ricchi australiani. Come un vecchio padrone delle ferriere che si rivolge ai suoi sottoposti umiliandoli, ha proseguito: “Dobbiamo ricordare alle persone che lavorano per il datore di lavoro, non viceversa. C’è stato un cambiamento sistemico per il quale i dipendenti ritengono che il datore di lavoro sia estremamente fortunato ad averli rispetto al contrario. È una dinamica che deve cambiare”. Senza mezzi termini, ha continuato: “I governi stanno cercando di aumentare la disoccupazione per ottenere una sorta di normalità”. Testuali parole. Gurner non è un caso isolato, né questo è un vaneggiamento. E’ una convinzione diffusa tra manager ed élites distanti dal popolo. Le osservazioni di Gurner sottolineano il fatto che il regime di tassi di interesse elevati, avanzato nel nome della “lotta all’inflazione” e nel tentativo di organizzare un “atterraggio morbido”, è in realtà rivolto direttamente alla classe operaia, mentre altera le condizioni del mercato del lavoro. L’aumento della disoccupazione, nella sua ottica, ha lo scopo di forzare verso il basso i salari e correggere l’“atteggiamento” dei lavoratori che si vedono in una posizione più forte di quanto lo siano stati negli ultimi decenni per contrastare i continui tagli al tenore di vita. Gurner ritiene che la politica di aumento della disoccupazione stia in effetti iniziando ad avere un certo successo nel reprimere questo movimento: “Lo stiamo vedendo. Penso che ogni datore di lavoro ora lo stia vedendo. Ci sono sicuramente massicci licenziamenti in corso. Le persone vengono definitivamente licenziate e stiamo iniziando a vedere meno arroganza nel mercato del lavoro”. Il presidente dell’Associazione medica australiana, il professor Steve Robson, ha affermato che Gurner ha fatto una “dichiarazione incredibilmente irresponsabile” poiché l’aumento della disoccupazione è associato a una serie di effetti negativi sulla salute, compreso il suicidio. Sarebbe sbagliato liquidare Gurner semplicemente come la “brutta faccia” del capitalismo. Lui ha in realtà strappato la maschera dietro la quale l’establishment serve assiduamente gli interessi del mondo aziendale. Lui è il vero volto del capitalismo. Tutto questo partendo da una “crisi immobiliare mai vista prima”. Ma il tentativo di Gurner di incolpare i lavoratori come “pigri” e “arroganti” per l’aggravarsi dei problemi del settore non ha alcun fondamento nella realtà economica. Tuttavia ha un significato profondo in quanto indica il modo in cui le classi dominanti intendono agire per cercare di risolvere la crisi sempre più profonda dell’intero sistema del profitto. La tempesta che si sta addensando nel settore immobiliare non è presente solo in Australia ma in tutto il mondo. È il risultato della bolla speculativa sviluppatasi sulla scia delle politiche di allentamento quantitativo perseguite dalla Federal Reserve americana dopo la crisi finanziaria globale del 2008. Trilioni di dollari immessi nel sistema finanziario sono finiti nel settore immobiliare. Insieme alla caduta dei tassi di interesse ai livelli più bassi della storia, la bolla ha creato un boom degli speculatori. Gurner è stato uno di quelli a saltare sulla diligenza. La sua ascesa da piccolo acquirente e venditore di case a magnate immobiliare non è stata il risultato di duro lavoro e diligenza, come gli piace sostenere. Dopotutto, milioni di lavoratori lavorano molto più duramente e in condizioni più onerose di quanto Gurner abbia mai sperimentato, ma certo non diventano ricchi. Gurner - sostengono alcuni analisti - deve ringraziare non il duro lavoro ma l’inflazione monetaria. Durante la sua ascesa, ha acquisito notorietà nel 2017 quando ha rilanciato un tema avanzato un anno prima sulla stampa di Murdoch: dichiarò che i giovani, secondo lui viziati, avrebbero potuto comprare case, ai prezzi gonfiati di cui lui beneficiava, se solo avessero smesso di ordinare avocado schiacciato su pane tostato. Ora la bolla gonfiata con la quale ha cercato di ascendere al paradiso finanziario sta crollando sotto l’impatto di un regime di tassi di interesse elevati e lui vorrebbe addentare il plusvalore estratto dai lavoratori attraverso le operazioni del sistema del profitto, il cui aumento può essere ottenuto solo attraverso l’intensificazione dello sfruttamento della classe operaia. Il dolore nell’economia lo auspica per i lavoratori, non certo per lui. Tim Gurner non sta suggerendo di reinvestire i profitti nella sua forza lavoro per incoraggiarne la produttività. Non ha intenzione di ridurre i bonus ai dirigenti, o di limitare in alcun modo l’avidità della classe aziendale che rappresenta così elegantemente. È impegnato in quell’antica abitudine neoliberista di disumanizzare i lavoratori come una sorta di altro accettabilmente sacrificabile. Per i ricchi come Gurner, il desiderio dei lavoratori di vivere una vita dignitosa e confortevole è “arrogante”. In confronto, il loro stile di vita multimilionario è uno stato di natura, qualcosa di simile al diritto divino dei re.
Raffaella Vitulano