Sabato 3 maggio 2025, ore 16:57

Scenari

'Minerali insanguinati': l'Ue accusata di alimentare il conflitto Rdc- Ruanda

Bruxelles compra i metalli preziosi dal Ruanda, ma Kigali li otterrebbe illegalmente dai gruppi ribelli attivi nel vicino Congo, dilaniato da anni da una violenta guerra civile. Di fronte alle critiche secondo cui starebbe alimentando una crisi umanitaria, Bruxelles cerca di chiarire gli obiettivi del suo patto minerario con Kigali. Ma le risposte non convincono tutti. La guerra con la Cina per impedirle di detenere il primato globale sull’estrazione e la lavorazione delle materie prime critiche, ha spinto l’Unione europea a stringere accordi anche con il Ruanda, per accaparrarsi i preziosi minerali del sottosuolo necessari alle nuove tecnologie. Ma si tratta di materiali che potrebbero essere macchiati del sangue di civili innocenti. Emergono col solleone estivo le ombre del patto strategico per la fornitura di minerali cruciali come il coltan, siglato lo scorso 19 febbraio tra la Commissione europea e il Ruanda nel quadro della Global gateway (la risposta di Bruxelles alla Nuova via della seta di Pechino). Il sospetto è che, per mantenere il flusso di materiali preziosi da vendere ai Ventisette, Kigali li contrabbandi illegalmente attraverso il confine con la Repubblica democratica del Congo (RdC). La fame di minerali da parte dell’Europa per le sue auto elettriche e i suoi microchip sta scatenando accuse di infiammare il conflitto nel Congo orientale, una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, che ha ucciso 6 milioni di persone negli ultimi decenni. Per ’Europa l’accordo è un’opportunità per ottenere l’accesso agli ingredienti di cui ha bisogno per i suoi "obiettivi di energia verde e pulita". Ma i critici dell’Ue replicano che il patto creerà una cortina fumogena per contrabbandare “minerali del sangue” fuori dal Congo orientale, anche perché il Ruanda è accusato di svolgere un ruolo decisivo nella guerra dall’altra parte del confine con il suo sostegno a un gruppo ribelle insorto chiamato M23. Da quando l’accordo è stato siglato, i combattenti M23 legati al Ruanda hanno esteso la loro presa sulle risorse minerarie del Congo orientale. A fine aprile, proprio mentre il presidente francese Emmanuel Macron implorava il Ruanda di smettere di supportare M23, i ribelli hanno sequestrato Rubaya, un hotspot minerario vicino al confine nel Congo orientale. Un portavoce dell’M23 si è subito affrettato a negare di essere interessato alle ricche riserve di minerale di coltan della zona, una fonte di ingredienti utilizzati per realizzare smartphone e automobili. La Ue da decenni lancia appelli per attenuare la violenza e si è impegnata ad aumentare gli aiuti umanitari, ma l’accordo sui minerali con il Ruanda rischia di esacerbare anziché ridurre il conflitto, sostengono gli esperti regionali. In pratica, l’accordo trasmette il messaggio che pur di accedere ai minerali, può “l’Ue sarebbe disposta ad andare oltre i principi dei diritti umani”, ha affermato telefonicamente da Lubumbashi, nel sud-est del Congo, Emmanuel Umpula Nkumba, direttore esecutivo di African Natural Resources Watch. Il grande problema è che il Ruanda è una delle principali destinazioni per il coltan e altri minerali contrabbandati attraverso il confine orientale del Congo. Il Ruanda esporta più minerali per la lavorazione e la produzione di quanti ne estragga, ha affermato questo mese il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, citando dati delle Nazioni Unite. La regione dei Grandi Laghi è di interesse strategico per le potenze globali, che vanno a caccia di minerali e metalli necessari per turbine eoliche, pannelli solari ed elettronica di consumo. È la fonte di metà del tantalio mondiale, che viene estratto dal minerale metallico di coltan e utilizzato nei componenti elettronici. Nonostante le forti resistenze dopo la firma dell’accordo, l’esecutivo europeo ha cercato di chiarire le proprie intenzioni, come ha scoperto Politico nelle conversazioni con funzionari, attivisti e ricercatori, sostenendo che l’accordo è in linea con la sua agenda sui diritti umani, contribuendo a esercitare pressione sul Ruanda affinché abbia catene di approvvigionamento sostenibili. Le giustificazioni sono però fragili. “L’accordo non è stato siglato, prima di tutto, per ottenere l’accesso ai minerali, ma per promuovere il cambiamento sul campo”, ha affermato un funzionario europeo a cui è stato concesso l’anonimato perché non autorizzato a parlare pubblicamente. Obiettivo di Bruxelles sarebbe dunque di fare un lavoro migliore nel salvaguardare elevati standard ambientali e sociali e nel mantenere il valore nei paesi minerari. Il Ruanda ha il potenziale per diventare un “hub di valore nel settore minerario”, prevedendo che l’industria mineraria aumenterà i ricavi delle esportazioni a 1,5 miliardi di dollari quest’anno, dai 373 milioni di dollari del 2017. Il presidente ruandese Paul Kagame, al potere dal 2000 e rieletto per un quarto mandato ottenendo il 99 % dei consensi in elezioni altamente controllate, ha ammesso che il suo Paese è diventato una via di transito per i minerali estratti artigianalmente e semi-industrialmente dal Congo. Il 66enne è celebrato per aver ripristinato la stabilità dopo il devastante genocidio del 1994, in cui furono uccisi 800.000 Tutsi e Hutu moderati Ma Kagame è stato anche accusato dalle Nazioni Unite di sostenere direttamente l’M23, i ribelli Tutsi che hanno iniziato a riarmarsi tre anni fa e ora controllano fasce di territorio nel Congo orientale. Kigali ha ripetutamente negato il collegamento. Oltre a definire l’accordo con l’Ue una provocazione, il presidente congolese Tshisekedi ha affermato che “è come se l’Unione Europea ci stesse facendo guerra per procura” e minacciando di portare in tribunale il gigante della tecnologia Apple per aver utilizzato "minerali del sangue" di contrabbando provenienti da aree di conflitto in Congo. Alla richiesta di un commento, Apple ha indicato il suo codice di condotta per i fornitori e il rapporto sui progressi nell’affrontare le questioni sociali e ambientali nella sua catena di fornitura. La competizione con la Cina per l’influenza economica davvero trascura sovranità e democrazia? Ne resta convinto Eric Kajemba, capo dell’Observatoire Gouvernance et Paix, una Ong congolese.
Raffaella Vitulano

( 7 agosto 2024 )

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