È durata 72 ore la rivoluzione immaginata da Francia e Germania, con l’Unione europea che si indebita per finanziare a fondo perduto i Paesi più colpiti dalla crisi. Alla proposta che aveva fatto sperare Italia e Spagna ne arriva subito un’altra, di segno esattamente opposto: prestiti in cambio di riforme è quanto è disposto ad offrire il fronte del Nord, cioè Austria, Olanda, Svezia e Danimarca. Potrebbe essere una questione di tattica: si parte da due estremità per poi arrivare a un compromesso nel vertice di giugno. Nel mezzo, però, c’è la proposta che la Commissione Ue deve mettere sul tavolo mercoledì prossimo e che dovrà obbligatoriamente fare una sintesi di entrambe le posizioni.
Scontentando chi, come il premier Giuseppe Conte, riteneva già la proposta franco-tedesca soltanto un "passo coraggioso" ma niente di più. E ha incoraggiato la presidente Ursula von der Leyen a presentare un Recovery fund ambizioso e all’altezza delle sfide, perchè se la proposta di Francia e Germania è un "passo significativo", se vogliamo superare questa crisi insieme è necessario fare molto di più. Secondo il premier, infatti, nemmeno i 500 miliardi di euro di sovvenzioni proposti da Parigi e Berlino sono all’altezza delle stime fatte dalle istituzioni per mantenere a galla l’economia.
Conte si rivolge direttamente ai Paesi del Nord, criticandone la posizione che riflette "l’incapacità di comprendere le sfide storiche che affrontiamo". Ma Austria, Olanda, Svezia e Danimarca non accettano di sedersi al tavolo del negoziato con una proposta dell’asse franco-tedesco sbilanciata verso il Sud. Per questo lavorano ad un loro piano, da consegnare a von der Leyen nei prossimi giorni, che chiarisca di nuovo tutti i paletti che non sono disposti a superare. Primo: no a sovvenzioni, sì a prestiti. "Vogliamo essere solidali con gli Stati che sono stati colpiti duramente dalla crisi, ma riteniamo che la strada giusta siano mutui e non contributi", ha detto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che si è detto "stupito" della proposta Merkel-Macron. l suo commento riporta alla luce l’ostacolo maggiore del negoziato sul Recovery plan, che è lo stesso di ogni negoziato sul bilancio pluriennale: serve l’unanimità, e quindi anche le resistenze di un blocco minoritario, e di peso economico relativo, possono impedire qualsiasi progresso. Il premier olandese Mark Rutte fissa il secondo paletto: riforme in cambio di prestiti.
A scanso di equivoci, ha chiarito che per "aiuto" si intende comunque prestiti e non sovvenzioni. Il chiaro legame con le riforme è già stato integrato nella proposta a cui lavora Bruxelles, spiega il vicepresidente Valdis Dombrovskis: uno dei pilastri del Recovery instrument finanzierà "pacchetti di riforme e investimenti, e il Semestre europeo e le raccomandazioni faranno da guida nel preparare i Piani di ripresa" di ognuno.