Sabato 27 luglio 2024, ore 15:44

Attualità

Il Sud è l’epicentro del declino demografico: in vent’anni persi 1,1 milioni di residenti

In un paese che sta ipotecando, ormai da anni, il futuro a causa del declino demografico, il Sud è diventato l’epicentro dell’emergenza. La situazione delle regioni meridionali, che ormai sono allineate alle altre sul fronte della denatalità, è aggravata dalla forte migrazione, soprattutto dei giovani ma non solo: verso il Centro-Nord è verso l’estero. A rilanciare l’allarme è il rapporto Svimez che certifica lo spopolamento del Sud, “da cui si continua a emigrare”. Dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro-Nord (81%). Al netto dei rientri, il Mezzogiorno ha perso 1,1 milioni di residenti.
Il Sud di spopola e perde le sue migliori energie. Tra il 2002 e il 2021, infatti, il Mezzogiorno ha subìto un deflusso netto di 808 mila under 35, di cui 263 mila laureati. Nel 2021, il saldo netto complessivo è di circa 38 mila ragazzi, di cui 20mila laureati. Tra spopolamento e gelo demografico, al 2080 si stima una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno, pari a poco meno dei due terzi del calo nazionale. In sostanza, l’Italia è afflitta da un declino demografico diffuso ma che sarebbe di lieve entità se non ci fosse il tracollo meridionale. 
Nel rilanciare questi numeri allarmanti, Svimez torna a sottolineare la necessità di politiche per la natalità e per il lavoro, soprattutto femminile. Se come annunciato dal governo, ci saranno risorse nazionali per garantire l'obiettivo sugli asili nido che vanno oltre ai fondi del Pnrr, la loro ripartizionedeve “concentrare nelle regioni dove il divario” è maggiore. Il rapporto sottolinea che Sud affronta gravi ritardi nell'offerta di servizi per la prima infanzia che penalizzano l'occupazione femminile. Il lavoro, d’altronde, resta un tasto dolente per il Meridione. Al Sud, infatti, all’incremento dell'occupazione, maggiore che nel resto del Paese, si associa un disagio sociale diffuso e legato, in particolare, alla precarietà e ai bassi salari. Nel Mezzogiorno, la povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata è salita di 1,7 punti percentuali tra il 2020 e il 2022, dal 7,6 fino al 9,3%: quasi una su 10. In generale nel 2022, sono 2,5 milioni le persone che vivono in famiglie in povertà assoluta al Sud: 250.000 in più rispetto al 2020 (-170.000 al Centro-Nord). 
I dati dell’ultimo anno sono inoltre preoccupanti. Il Pil del Mezzogiorno è stimato dal Rapporto Svimez in aumento dello 0,4% nel 2023, con una crescita dimezzata rispetto al Centro-Nord (0,8%). Si riapre così il divario di crescita tra i territori, dopo un biennio di allineamento, a causa del diverso andamento dei consumi. La contrazione del reddito disponibile delle famiglie meridionali (-2%), del resto, è doppia rispetto al Centro-Nord. Non è un caso, allora, se ancora una volta si torna a parlare del Pnrr come ultima occasione per invertire la rotta. “Senza il Piano - sottolinea il direttore di Svimez, Luca Bianchi - avremmo un Paese sostanzialmente in recessione e un Sud con una recessione più forte che nel resto del Paese”. Senza Pnrr il Pil del Mezzogiorno calerebbe dello 0,6% nel 2024 e dello 0,7% nel 2025. Nonostante l'essenzialità del piano per la ripresa, l'associazione segnala la “debole progettualità e partenza dei lavori ritardata” al Sud. Svimez ha monitorato lo stato di attuazione degli interventi che vedono i Comuni come soggetti attuatori. Il valore complessivo dei progetti presenti sul sistema di rendicontazione Regis ammonta a 32 miliardi di euro, per il 45% allocati ai Comuni del Mezzogiorno. Per circa la metà dei progetti risultano avviate le procedure di affidamento; la quota di progetti messi a bando, tuttavia, si ferma al 31% al Mezzogiorno rispetto al 60% del Centro-Nord. Anche la capacità di procedere all'aggiudicazione presenta significative differenze territoriali: 67% al Mezzogiorno, 91% al Centro-Nord. 
Ilaria Storti

( 5 dicembre 2023 )

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