Mercoledì 24 aprile 2024, ore 7:27

Lavoro

La spesa per il welfare cresce ma non frena il declino demografico

La spesa per il welfare cresce ma non si traduce in politiche capaci di dare alle famiglie un sostegno tale da invertire il declino demografico. La conferma arriva dai dati contenuti nell’edizione 2021 del Rapporto del Think Tank “Welfare, Italia”. La crisi Covid-19, rileva l’indagine, ha indotto un incremento generalizzato di tutta la spesa in welfare, includendo i 3 pilastri “tradizionali” (Sanità, Politiche Sociali, Previdenza) e l'Istruzione: nel 2021 raggiungerà un totale stimato in circa 632 miliardi di euro, con una crescita di circa 6 miliardi di euro rispetto al 2020, anno in cui l’incremento era stato  di 50 miliardi  rispetto al 2019. La crisi, secondo “Welfare, Italia”, non ha alterato significativamente la suddivisione della spesa, confermando lo sbilanciamento della componente previdenziale (49%) che tuttavia evidenzia una diminuzione di 2,3 punti percentuali rispetto ai valori del 2019 attestandosi su valori più bassi anche del 2009 (49,7%). Su questo fronte, come su tanti altri, la possibile svolta risiede nelle risorse del Pnrr. Il piano destinerà al welfare non meno di 41,5 miliardi, pari al 22% del budget del Piano, grazie alle diverse azioni previste nelle Missioni 4 (Istruzione e Ricerca), 5 (Inclusione e Coesione) e 6 (Salute). Per sostenere la capacità redistributiva del welfare, secondo l’indagine, bisogna puntare tutto su lavoro e demografia. Ma l’evoluzione demografica rappresenta, per il welfare italiano, una sfida particolarmente complessa in un Paese con la più alta percentuale europea di over-65 sul totale popolazione (23,2%) e secondo nel mondo solo al Giappone. I dati Istat, presentati durante i lavori, mostrano da 11 anni una continua riduzione delle nascite, un inverno demografico che ogni anno aggiorna il record al ribasso dall’unità di Italia. Nel 2020 la forbice del bilancio demografico, già fragile in era pre-covid, si è ulteriormente allargata, portando a meno 342.000 unità il saldo naturale tra nascite e decessiì. Considerando anche il saldo migratorio, negativo per 41mila unità, nel 2020 il saldo dei residenti è sceso di 384mila individui. Come se in un anno avessimo perso una città  con la popolazione di Firenze. 
I danni per il sistema previdenziale sono autoevidenti. Alcuni dati ne danno la portata. Nel 2070, avremo 2,237 milioni di ultra novantenni. Oggi sono “solo” 800mila. Anche dal punto di vista della spesa sanitaria,  le conseguenze di questo trend sono nefaste. Non siamo soli, questo vale anche a livello europeo. La tendenza è in attto in tutto il Vecchio Contitente ma da noi è più forte.
Come se non bastasse, c’è la pandemia. Il numero dei morti per Covid è equivalente a quelli dei primi tre anni della seconda guerra mondiale. La popolazione italiana è sempre cresciuta, ma dal 2014 ha cominciato a diminuirei. Il 2020 è stato  l’anno in cui la pandemia ha sprigionato i suoi effetti sulla mortalità. Il 2021 gli effetti si sono riversati  sulla natalità. Solo marzo 2021 è andato meglio di marzo 2020 ma è stato un effetto provvisorio legato  a un’illusione di ripresa. Nel 2021 i nuovi nati saranno meno di 400 mila. “L’involuzione della situazione demografica del nostro paese - sottolinea la ministra delle Pari Opportunità, Elena Bonetti - va oggi riconosciuta come una delle fragilità sistemiche che o risolviamo o altrimenti si rischia di rendere irreversibile un declino che andrà ad avere effetti su tutti gli altri fronti. Il tema demografico e quello del lavoro femminile, sono stati per troppo tempo scollegati nel nostro approccio, anche nel welfare, e invece possono rappresentare un laboratorio di energia potenziale sul quale poter investire: una leva per lo sviluppo del futuro”. D’altronde, secondo il rapporto “Welfare, Italia”, la piena occupazione femminile creerebbe 110 miliardi di Pil aggiuntivo. 
Ilaria Storti

( 23 novembre 2021 )

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