La riforma del sistema di assistenza ai non autosufficienti, è “un grande passo per rispondere ai bisogni di oltre 14 milioni di persone anziane che, insieme a familiari e caregiver, ogni giorno affrontano difficoltà, disagi e fenomeni di impoverimento economico”. A sottolineato è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in audizione al Senato. Cartabellotta aggiunge, tuttavia, come ribadito negli ultimi mesi dai sindacati, che la riforma resterà monca, in mancanza di risorse aggiuntive. Per quanto riguarda la copertura finanziaria del decreto, il presidente di Gimbe, sottolinea che “per 13 misure si fa riferimento a risorse già stanziate: Pnrr Missione 5 e Missione 6, Fabbisogno Sanitario Nazionale, Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, Fondo per la non autosufficienza, Fondo per la promozione dell'attività sportiva, Fondo per le politiche della famiglia, ministero della Salute”. Nella sua audizione in Senato, Cartabellotta torna, inoltre, a porre l’accento sugli enormi divari territoriali nell’accesso ai servizi socio-sanitari. Considerato che il Decreto anziani fa riferimento ai livelli essenziali di Assistenza (Lea) e ai Livelli essenziali delle Prestazioni Sociali (Leps), spiega, “diventa inderogabile la necessità di colmare inaccettabili divari tra Regioni, in particolare tra il Nord e il Sud del Paese, che saranno inevitabilmente acuiti dall'autonomia differenziata”.
In audizione al Senato anche i sindacati confermano un giudizio positivo sul ddl anziani, pur sottolineandone alcune criticità. Il segretario confederale della Cisl, Sauro Rossi, e il segretario generale della Fnp Cisl, Emilio Didonè, evidenziano l’importanza di un’impostazione che coniuga “la qualificazione di un sistema integrato di assistenza e cura per i non autosufficienti con la promozione del benessere e dell'invecchiamento attivo e la valorizzazione del loro ruolo sociale”. Un’impostazione declinata in vari articoli del decreto: dalla telemedicina all’impulso al volontariato, dal turismo lento al cohousing. I sindacalisti evidenziano, però, alcune criticità: i limiti alle risorse in gioco rispetto ai bisogni reali di assistenza e di sostegno; l'abbassamento del livello d'integrazione dei sistemi; la mancata previsione del confronto preventivo con le organizzazioni sindacali su vari passaggi attuativi; l'alleggerimento degli impegni sull'assistenza e le cure domiciliari; la limitata introduzione dell'intervento denominato “Prestazione universale”; la rinuncia al riordino delle agevolazioni fiscali, pur previsto dalla delega; il non adeguato sviluppo della formazione per il personale dei servizi assistenziali.
Ilaria Storti