Sabato 27 luglio 2024, ore 1:31

Lavoro

A febbraio assunzioni in calo: 48 mila in meno rispetto ad un anno fa

Diminuiscono le  assunzioni nel settore privato, in particolare quelle a tempo indeterminato. A febbraio, segnala l'Osservatorio sul precariato Inps, ci sono state  341.000 assunzioni,  48 mila in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, per un calo del 12%o. Il rallenamento ha riguardato soprattutto i contratti a tempo indeterminato, che non godono più degli incentivi previsti per lo scorso anno: 46 mila in meno, in caduta del 33% rispetto a febbraio 2015 (meno 34  per cento a gennaio). Non vi sono invece grandi variazioni per i contratti a tempo determinato: 231 mila  assunzioni a febbraio, in linea con i periodi precedenti e stabile rispetto allo scorso mese di gennaio.  In lieve flessione i contratti di apprendistato, 15 mila  nuovi posti, il 3% in meno rispetto ad un anno fa. Nei dodici mesi da marzo 2015 a febbraio 2016, comunque, il saldo annualizzato (vale a dire la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi) risulta positivo di 529 mila unità.

Per i primi due mesi del 2016 si registra  un saldo mensile, tra assunzioni e cessazioni, pari a +167.000, ancora positivo, ma inferiore a quello del bimestre corrispondente 2015 (+244.000). La differenza è totalmente attribuibile alle posizioni di lavoro a tempo indeterminato, che sono in calo”, ha commentato il segretario confederale della Cisl, Gigi Petten.

“La spiegazione che l’Inps fornisce è quasi ovvia – aggiunge - il rallentamento era prevedibile in questi primi mesi del 2016, tenendo conto del fatto che a dicembre 2015 si sono registrati quasi 400.000 rapporti di lavoro attivati o trasformati con l’utilizzo dell’ esonero contributivo, pari a quasi quattro volte la media degli 11 mesi precedenti (107.000), trattandosi dell’ultimo mese in cui era attivo l’esonero pieno, che da gennaio, come è noto, è stato notevolmente ridotto”. “Resta il fatto che è importante aver puntato sui contratti a tempo indeterminato, incentivandoli. In Italia la riduzione del costo del lavoro è una scelta giusta e vanno trovate soluzioni a regime. Ma certamente questo non basta – sottolinea Petteni - vanno messe in campo politiche per il rilancio della crescita e dello sviluppo. Non nuova, purtroppo, neppure la crescita vertiginosa dei voucher, che prosegue da anni via via che l’ambito di utilizzo del lavoro accessorio è stato, a più riprese, ampliato, con un vero e proprio boom tra il 2012 e il 2013, in seguito alla legge Fornero di riforma del lavoro. Ora  il Ministro Poletti dichiara da settimane di voler intervenire sulla tracciabilità dei voucher, ma un intervento del genere, seppur utile, è insufficiente”. “In alcuni settori si deve agire a monte, stringendo sulle regole di utilizzo, che vanno affidate alla contrattazione. Diversamente  - conclude - il voucher, inizialmente introdotto con l’intento  di bonificare sacche di sommerso, continuerà ad essere utilizzato in alternativa al lavoro regolare e a creare nuova precarietà”.

Il livello di disoccupazione giovanile in Italia è assolutamente intollerabile. Così il presidente dell'Inps, Tito Boeri, sottolineando come ci sia il rischio di avere "intere generazioni perdute all'interno del nostro Paese". Per questo, dice, "occorre introdurre flessibilità in uscita nel sistema pensionistico in tempi stretti, anche perché c'è una penalizzazione molto forte dei giovani".

Due anni senza contributi costeranno alla generazione del 1980 un ritardo nel conseguimento della pensione anche di 5 anni, portando così la possibilità di andare in pensione a 75 anni di età". Lo ha confermato Boeri intervenendo al Graduation Day dell'Altemps dell'Università Cattolica. "Abbiamo preso in considerazione i lavoratori dipendenti, ma anche gli artigiani, persone che oggi hanno 36 anni e che probabilmente, a causa di episodi di disoccupazione, vedono una discontinuità contributiva di circa due anni. Ora, se la generazione 1980 dovesse andare in pensione con le regole attuali che prevedono i 70 anni, con l'interruzione contributiva registrata ci andrà dopo due-tre o anche cinque anni perché non ha i requisiti minimi".

Uno degli strumenti di flessibilità ipotizzati nelle ultime settimane è quello del part-time in uscita. Non mancano tuttavia alcune criticità, come ammette lo stesso Boeri: "Ci sono dei limiti di stanziamento, quindi non potrà riguardare più di 30mila lavoratori nel giro di tre anni. Valuteremo la misura con attenzione: è una sperimentazione e come tale va studiata. Per questo non si può dare un giudizio prima".

Il numero uno dell'Inps lancia poi un appello al governo, proprio mentre il ministro Padoan tende la mano parlando di "possibili margini di trattativa": "Noi le nostre proposte le abbiamo fatte ormai quasi un anno fa e le abbiamo presentate al governo - ribadisce Boeri -. Il nostro contributo lo abbiamo dato, adesso spetta alla politica decidere cosa fare. Io mi auguro che qualcosa venga fatta. Il tema dell'uscita flessibile è un tema che va affrontato non fra cinque anni ma adesso".

In arrivo le prime 150 mila buste arancioni - Per fare maggiore chiarezza riguardo ciò che li attende in chiave previdenziale, gli italiani inizieranno a ricevere le buste arancioni: "Questa settimana partono le prime 150mila - spiega Boeri -. Contengono informazioni di base con le quali noi ci allineiamo ai dati della Ragioneria generale dello Stato. Sono molto utili a chi le riceverà: ricostruiamo infatti la carriera contributiva passata con l'estratto conto contributivo e chiediamo alle persone di verificarne anche l'esattezza. In secondo luogo mettiamo in luce il rapporto tra i contributi versati e la pensione e quando sarà possibile andare in pensione, oltre al legame della crescita economica e delle carriere e delle pensioni individuali".

( 19 aprile 2016 )

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