Il caso dell’Istituto romano di via Trionfale, che nella presentazione riportava una dettagliata descrizione di come tra i vari plessi siano divise le classi sociali di appartenenza degli studenti, deve far suonare più di un campanello di allarme. Non si tratta infatti di un caso isolato. Dietro le discriminazioni e il classimo, c’è infatti una corsa delle scuole - che sono sempre più sul mercato - a procacciarsi le iscrizioni, intercettando, con varie strategie, la domanda dei genitori. La “domanda” varia a seconda delle zone e gli istituti rispondono con presentazioni accattivanti basate sui Rav, ovvero i Rapporti di Autovalutazione, un mix di dati statistici, informazioni didattiche e intenti promozionali. Ovviamente, nelle maggioranza dei casi ci si limita a descrivere l’offerta sia didattica. Ma non sempre è così. Il caso di Via Trionfale non è il primo. E i sindacati vanno all’attacco.
“Credo che quegli indicatori che chiedono di selezionare la propria offerta indicando anche il censo delle famiglie - sottolinea la segretaria generale Cisl, Annamaria Furlan - siano assolutamente da togliere. Mi fa un effetto negativo al massimo. La scuola deve caratterizzarsi per la sua competenza didattica, quale innovazione didattica può offrire, e la scuola è inclusiva”. Dunque, aggiunge la leader della Cisl, “i dirigenti scolastici riflettano bene se questi dati offrono una scuola inclusiva, la scuola del futuro, la scuola dell’accoglienza, la scuola dove crescono i nostri ragazzi, oppure hanno altri metri”.
L’episodio della scuola romana che fornisce sul suo sito, nella sezione dedicata alla presentazione dell’Istituto, elementi di dettaglio sulle caratteristiche economico-sociali della platea scolastica è l’esempio lampante, secondo la Cgil, “di ciò a cui può portare la cattiva gestione dei dati al fine di trasformare l’orientamento scolastico in una ricerca di affermazione sul mercato dell’istruzione, conseguenza di una deleteria cultura liberista”.
Forse è arrivato il momento ”di dire bastaì”, attacca Uil Scuola, e pensare alla scuola e al suo personale “come comunità, come istituzione a cui la Costituzione affida il compito di ascensore sociale”. Compito che non parte “dal modello 730 ma dalla cultura dall’istruzione, affidata ai docenti a cui restituire fiducia, dignità, funzione”. Significa “basta clientele, basta èlite, basta egoismi, basta denigrazioni e basta pseudo riforme”.