Secondo l'Osservatorio JobPricing lo stipendio medio in agricoltura è di 25.726 euro per gli uomini e 22.226 per le donne, con un divario del 13,6%. Va meglio il comparto alimentare, con 30.155 euro per i lavoratori e 28.135 per le lavoratrici e un divario del 6,7%. Tanto per fare un confronto, la media del gap nel manifatturiero è dell’8,4%, nei servizi finanziari arriva al 17,2%, nelle assicurazioni quasi al 22%. Il gap è quasi nullo soltanto in editoria e media, nel siderurgico, nell’automotive, mentre inverte la rotta in alcuni settori come il legno, l’edilizia o il navale, dove il divario favorisce le donne dell’11,7%, 15,8% e 28,2%.
“Il divario di genere nel mondo sta diminuendo, soprattutto nelle economie più avanzate -commenta Francesca Valente, ricercatrice Adapt e sindacalista Fai-Cisl - tuttavia in Italia le donne lavorano meno degli uomini, fanno più fatica a trovare lavoro o rinunciano prima a trovarne uno e ciò comporta una loro fuoriuscita dal mercato più veloce, e questo nonostante si registrino livelli di istruzione femminile più alti di quelli maschili”.
Il tema è emerso all’incontro “Donne e lavoro: generare parità”, promosso dalla Fai-Cisl tra le lavoratrici del comparto mele a Trento in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti della Donna. Con le operaie dei consorzi Melinda e La Trentina e rappresentanti delle istituzioni locali la federazione agroalimentare cislina ha tenuto un confronto sugli obiettivi da raggiungere e gli strumenti da mettere in campo.
“La parità - ha detto il segretario generale Onofrio Rota si realizza valorizzando i differenti bisogni delle persone e puntando sulla condivisione dei carichi famigliari, poi bisogna sostenere la parità di retribuzione, eliminare molestie e discriminazioni, promuovere la partecipazione delle donne agli organi decisionali, tutti impegni che portiamo avanti nella contrattazione e nel dialogo sociale, ma che dobbiamo realizzare anche a partire dai linguaggi che esercitiamo quotidianamente”.
Secondo l’Istat, più donne al lavoro significherebbe anche crescita di ricchezza di 110 miliardi annui, ma l’Italia resta fanalino di coda in Europa per presenza femminile nel mercato del lavoro. In agricoltura le lavoratrici rappresentano il 32% della forza lavoro, oltre 1 milione di addetti. Queste lavoratrici risultano penalizzate, eppure grazie alla contrattazione sono stati fatti passi da gigante. Sono tanti gli accordi di secondo livello che riguardano la conciliazione tra vita e lavoro, lo studio, la formazione, orari più flessibili, benessere organizzativo, asili nido, assistenza sanitaria integrativa, welfare aziendale. Da ricordare, per il comparto alimentare, il Protocollo d’intesa sulle pari opportunità nei luoghi di lavoro sottoscritto a settembre scorso tra sindacati di categoria e Union Food, il primo accordo del genere nel comparto che prevede l’adozione di un codice di condotta e una politica finalizzati a individuare strumenti per realizzare una concreta parità di genere.
Interventi strategici, se pensiamo che ogni anno in Italia almeno 20 mila donne si licenziano dopo aver avuto un figlio perché non riescono a conciliare vita familiare e lavorativa.
Rossano Colagrossi