Sabato 20 aprile 2024, ore 18:06

Previdenza 

Anziani, per l’Inps il digital divide non esiste 

Il digital divide in Italia è un problema enorme, che riguarda soprattutto alcune fasce sociali più povere e gli anziani. Ma l’Inps sembra averlo scordato. Per questo i segretari generali di Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil, Ivan Pedretti, Piero Ragazzini, Carmelo Barbagallo, hanno scritto al Presidente Pasquale Tridico e al Presidente del Civ Guglielmo Loy, chiedendo incontri urgenti in cui affrontare ”finalmente il tema del divario digitale e delle difficoltà per milioni di pensionati di avere accesso ai propri cedolini della pensione e, quindi, alle informazioni sulle proprie pensioni”.
I sindacati ricordano che sono passati ormai sei anni da quando l’Inps ha deciso di sopprimere le comunicazioni cartacee con cui inviava ai cittadini le informazioni sui trattamenti pensionistici, rendendo le informazioni accessibili solo online dal sito dell’Istituto, dopo rilascio di apposito Pin.
Il bilancio, denunciano le tre sigle, ” è sconfortante”: solo 4,5 milioni di pensionati su 16 milioni usano il Pin Inps e circa 12 milioni di pensionati oggi non riescono quindi a controllare importi ed eventuali variazioni delle loro pensioni e ad accedere ai propri cedolini. Ad aggravare le cose sarà il passaggio da Pin Inps a Spid. Già dal 1° ottobre 2020 è stato sospeso il rilascio di nuovi Pin Inps e dal 1° ottobre 2021 l’unica modalità di accesso al sito dell’Inps (insieme a Carta di identità elettronica 3.0 e a Carta nazionale dei servizi) sarà lo Spid, sistema di identificazione più sicuro del Pin, ma, spiegano i sindacati, ” più complesso da ottenere e da utilizzare, anche perché presuppone la disponibilità di un indirizzo di posta elettronica e di un telefono cellulare di esclusivo utilizzo del pensionato”.
Il decreto semplificazioni ha previsto, per chi non ha accesso a un domicilio digitale, altre modalità di messa a disposizione e consegna della documentazione della pubblica amministrazione, da determinare con successivo decreto, riconoscendo che esiste un problema di divario digitale. L’esclusione digitale di una parte consistente della popolazione anziana e pensionata, soprattutto quella di età più avanzata, denunciano Pedretti, Ragazzin e Barbagallo, ”è un fatto reale e rischia di aggravarsi ulteriormente”.
Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil lanciano, quindi, una campagna di comunicazione e mobilitazione perché si trovino soluzioni rapide ed efficaci, chiedendo al Cda Inps di dare risposte al problema e di garantire il diritto dei pensionati ad accedere al proprio cedolino di pensione, superando le difficoltà sia nell’utilizzo del Pin Inps in questa fase transitoria per coloro per i quali è ancora valido, sia nell’ottenimento e nell’utilizzo dello Spid.
I sindacati chiedono, inoltre, al Cda e al Civ Inps di farsi portavoce nei confronti delle istituzioni della necessità di affrontare il tema del divario digitale della popolazione anziana per quanto riguarda l’accesso ai servizi della pubblica amministrazione e specificatamente dell’Inps, ”anche mettendo in campo un grande progetto di alfabetizzazione digitale e utilizzando le risorse del Next Generation Ue”.
L'isolamento legato al digital divide è solo una delle facce dell'isolamento in cui vivino moltissi anziani in Italia. Un condizione che la pandemia ha aggravato drammaticamente, soprattutto nelle residenze per anziani. Come conferma la ricerca ”Ripensare i servizi per anziani in Emilia-Romagna. L’impatto sociale del Covid-19 sulle strutture protette”, commissionata da Fnp Cisl della regione a al Centro di ricerca Relational Social Work dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. ”L'impatto sanitario sugli ospiti - spiega Loris Cavalletti, segretario generale regionale Fnp Cisl - è, come ben sappiamo, dirompente, ma le conseguenze dell'epidemia vanno oltre i dati, seppur fondamentali, relativi al numero di contagi. I risultati di questa ricerca ci permettono di cominciare a delineare linee di intervento e programmazione che tengano conto del mutato scenario conseguente all'epidemia”. Dall’indagine su sette strutture locali emerge il diffuso ” disorientamento” iniziale: ospiti e lavoratori, tutti, ”si sono sentiti smarriti, senza certezze, in balia degli eventi”. Soprattutto all'inizio c’è stata davvero la consapevolezza di ”stare combattendo contro la morte, propria e altrui, spesso a mani nude”.
L’immagine delle strutture che emerge dalle descrizioni di tutti, soprattutto dei parenti, è quella di organizzazioni molto familiari,regolate in modo da garantire una dimensione relazionale intima, ma, al contempo, aperta al territorio. Il cambiamento delle condizioni, spiega l’indagine, ”è stato repentino” e per gli ospiti si tratta ora ”di fare i conti con una situazione di isolamento che si potrà attenuare, ma difficilmente potrà essere cancellata del tutto”. Sì, allora a spazi di compartimentazione per isolare gli ospiti contagiati, aree all'aperto, finestre al piano terra per agevolare l'incontro con i parenti. La necessità di concentrare l'attenzione sulla cura della salute degli ospiti, anche riconfigurando parte delle strutture come reparti Covid ha sollevato, negli operatori in particolare, il timore ”di ridurre l'assistenza a un 'insieme di operazioni meccaniche, esclusivamente finalizzate a far fronte alle esigenze sanitarie e di accudimento fisico”. L’indagine evidenzia ”l’esigenza di lavorare insieme agli operatori per definire la loro identità professionale, attraverso percorsi formativi e di supervisione professionale”.
Ilaria Storti

( 10 febbraio 2021 )

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