Diritto all’abitare, molto più che semplice diritto alla casa. Specialmente nelle periferie urbane degradate. Ne abbiamo chiesto il significato a Maurizio Attanasio, segretario generale della Cisl catanese. “Le periferie urbane oggi - risponde - sono soprattutto periferie esistenziali. Dove, pur essendo importanti gli interventi sulle disponibilità di alloggi, le famiglie, i giovani, i minori, gli anziani dei quartieri hanno problemi che vanno oltre lo spazio fisico. Il verbo vivere associato alle parole ‘città’, ‘territorio’ e ‘casa’ rende l’idea di quanto il tema dell’abitare sia molto più importante dell’occupazione fisica di uno spazio e, quindi, il perno fondamentale che garantisce le condizioni minime per poter definire un’esistenza di vita.
Qual è la situazione a Catania?
Qui per quartieri periferici come Librino, 70 mila abitanti, la new town pensata da Kenzo Tange nel 1970 e mai veramente decollata, o come il Villaggio Sant’Agata, ma anche per quelli del centro storico come San Cristoforo, Angeli Custodi, il “Tondicello Plaia” o le aree vicine al Porto, negli ultimi 30 anni si è fatto ben poco. Spazi svuotati di senso che entrano prepotentemente, anche in termini di cronaca, a far parte della quotidianità. E a questi il sociale non dà adeguate risposte e quando lo fa risponde sempre più con pratiche e meccanismi di ri-significazione dei luoghi. Nonostante i vari progetti urbanistici portati avanti, compresi quelli della Zes per alcune aree, non si è mai parlato di vere politiche dell’abitare, di ristrutturazione associata all’inclusione sociale di chi vive in quei “non luoghi”.
Realtà che vanno ben oltre i confini della città capoluogo.
Certo. Basti pensare, ad esempio, allo stato di degrado che abbiamo constatato di recente nella baraccopoli di Ciappe Bianche a Paternò, il più grande comune della provincia dopo Catania, assurta alla cronaca per l’omicidio di un bracciante marocchino, dove si intersecano con estrema violenza i temi dello sfruttamento, del caporalato, dei lavoratori immigrati e delle loro condizioni abitative e di vita.
Qual è la vostra idea di nuove politiche abitative per Catania e il suo territorio?
La nostra analisi di contesto evidenzia come l’abitare sia uno tra i diritti spesso negati a una parte sempre più significativa della nostra popolazione. Un universo variegato sotto il profilo socio-economico, culturale, fasi del ciclo di vita, accesso al lavoro e disponibilità di reddito, che esprime una gamma articolata di istanze e di bisogni connessi alla casa e al ruolo che essa svolge nei percorsi di vita e rispetto alla possibilità/capacità di crescita e di autonomia. L’abitare può diventare quindi strumento determinante o nel contrastare o nel concorrere a rafforzare le disuguaglianze sociali. Oltre alla rigenerazione urbana, occorrono scelte strategiche ad ampio raggio e non singoli e frammentati interventi, evitare l’estrema concentrazione delle famiglie disagiate in un ristretto ambito per non correre il rischio di creare simil ghetti come quelli ancora esistenti. È uno dei temi su cui investiamo impegno, mettendo in campo quante più sollecitazioni e azioni a tutela e a promozione di politiche concrete e convergenti.
Rosario Nastasi