Qualche tempo fa un noto politico a proposito dei migranti che giungevano irregolarmente in Italia disse che era “finita la pacchia”. E che arrivavano “con i cellulari, le catenine, l’orologino e le scarpe”. Ahmed Mahmoud, 22 anni, ha raccontato quanto è stato “divertente” il suo viaggio verso l’Italia in un recente Consiglio generale della Filca Cisl Macroarea Lombardia Ovest (Milano, Laghi, Brianza). Una storia incredibile, drammatica, per fortuna conclusasi felicemente. Oggi fa l’operatore sindacale per la Filca Cisl milanese, ma ha vissuto così tante esperienze traumatiche che si fa fatica a sintetizzarle. A 17 anni è partito con un amico dalla sua città natale in Egitto, a sud del Cairo, e attraverso la rotta balcanica, percorsa ogni giorno da migliaia di migranti, ha raggiunto Milano. Un lunghissimo tragitto cominciato nell’ottobre del 2019 e conclusosi cinque mesi dopo, nel febbraio del 2020.
“Volevo venire in Italia - dice - perché vedevo tanti miei compaesani tornare a casa con i soldi guadagnati in Europa. Ho deciso di partire quando ero ancora minorenne per poter avere il permesso di soggiorno. Ho scelto Milano perché sapevo che è una città dove è facile trovare lavoro. Conoscevo il Duomo e le squadre di calcio. A pagarmi il viaggio è stato mio padre che lavora in edilizia in Arabia Saudita. Pian piano gli sto restituendo i soldi”.
Fayyum, la città di Amhed, non è un luogo qualsiasi. Da lì e dalla zona circostante provengono quasi tutti gli egiziani che lavorano nei cantieri di Milano e dell’area metropolitana. L’itinerario del viaggio era stato concordato con un trafficante locale: tutta la rotta balcanica è controllata da organizzazioni criminali che gestiscono il business delle migrazioni. All’inizio di ogni tappa, secondo gli accordi, avrebbe dovuto esserci qualcuno a fare da punto di riferimento per accompagnare o assistere Amhed e l’amico verso quella successiva. Il tutto sarebbe dovuto svolgersi in due settimane. Non è andata così. Fino ad Instanbul, raggiunta con due voli dal Cairo, via Dubai, tutto è andato per il meglio, poi sono cominciati i guai. Di fatto Ahmed è arrivato in Italia a piedi, dopo cinque mesi di cammino, in cui ha vissuto ogni genere di esperienza negativa.
“Abbiamo provato quattro volte a passare dalla Turchia alla Grecia - aggiunge -, attraversando in gommone il fiume Evros, ma siamo stati respinti. Alla quinta ci siamo riusciti ma siamo rimasti nei boschi per quasi un mese, camminando di notte, rischiando di essere assaliti dai lupi. Siamo anche stati sequestrati da una banda di curdi, che ha minacciato di ucciderci, prima di lasciarci andare. E una volta un poliziotto è stato fermato da un suo collega prima che ci sparasse”. Per arrivare a Milano è passato dalla Grecia, dalla Macedonia del Nord, dalla Serbia, dalla Bosnia, dalla Croazia e dalla Slovenia. Cinque mesi infernali, in cui ha sofferto la fame e la sete, è stato picchiato, si è quasi arreso alla fatica, ha condiviso rifugi, giacigli di fortuna, centri di raccolta, con altri disperati in fuga da Bangladesh, Pakistan, Siria, Nordafrica. In Croazia ha rischiato di vedere vanificato il suo progetto a causa dei droni della polizia, che “sentono” la presenza delle persone anche nel folto dei boschi. Giunto a Milano è stato ospitato in due comunità per minori stranieri, ha preso la licenza media e una volta diventato maggiorenne ha cominciato a lavorare in edilizia, come fanno tanti suoi connazionali. Qui ha incontrato il sindacato.
“Ci è arrivato il suo curriculum - racconta Alem Gracic, segretario generale della Filca Cisl milanese -, lo abbiamo incontrato e assunto subito, senza neppure conoscere la sua storia. Oggi il personale nei cantieri è composto in gran parte da stranieri, soprattutto egiziani, che spesso non parlano italiano. Ahmed è sveglio, ha voglia di fare e conosce l’arabo. Per ora svolge soprattutto un ruolo di mediazione culturale con i suoi connazionali, che è già importante, ma sta imparando e diventerà un bravo sindacalista”.
I dati sono chiari: a maggio su 1.153 nuovi iscritti alla Cassa Edile di Milano, Lodi e Monza Brianza, 459 sono egiziani e solo 227 italiani. Il settore è in crescita, ma non mancano situazioni critiche: dal caporalato (spesso gestito da persone delle stesse comunità straniere) al lavoro nero o grigio (con parte dello stipendio versato in busta e parte no), dal mancato rispetto dei contratti alla scarsa attenzione in materia di salute e sicurezza. In questo contesto così multietnico è fondamentale avere all’interno del sindacato figure che possono relazionarsi più facilmente con chi arriva da altri Paesi (nella Filca Cisl milanese ci sono diversi operatori di origine straniera). Alla fine ad Ahmed il viaggio verso l’Italia è costato 16 mila euro. Adesso è in apprensione per il fratello, che dovrebbe raggiungerlo a Milano. Le ultime notizie lo danno in Libia, in attesa di prendere la via del mare verso Lampedusa. E verso il sogno di un futuro migliore.
Mauro Cereda