La Toscana perde colpi e, quel che è peggio, non sembra pronta a cambiare marcia, sfruttando anche le risorse del Pnrr, per recuperare smalto. I sindacati confederali provano allora a scuotere la Regione, con una sorta di ‘ultimo avviso’: o accetta, insieme agli imprenditori, di lavorare pancia a terra per invertire la tendenza, oppure prenderanno la strada della “mobilitazione”. Che in una regione con la tradizione della Toscana e dove un abitante su quattro è iscritto a Cgil, Cisl o Uil, non è cosa da poco. Un’affollata assemblea regionale dei delegati ha dato mandato ai tre segretari generali di chiedere alla Regione un confronto vero verso “un nuovo modello di sviluppo”, ripartendo dal ‘Patto’ firmato nel 2019 e rimasto quasi in tutto lettera morta; e non solo per colpa della pandemia. In un contesto così difficile, tra guerra, pandemia, crisi energetica, caro vita, crisi sociale - è emerso dai tanti interventi della mattinata - c’è forte preoccupazione per il futuro, anche alla luce di segnali di arretramento registrati su più fronti. La Toscana ha tradizionalmente una percezione di sé quale regione ‘felice’, per l’alta coesione sociale, il valore riconosciuto al lavoro, la qualità dei servizi, sanità e welfare in primis. Oggi quelle certezze vacillano. Secondo Cgil, Cisl e Uil occorre un “nuovo modello di sviluppo”, che sappia interpretare le nuove sfide tecnologiche e di transizione ambientale e miri a creare lavoro di qualità, legale e sicuro, all’interno di uno sviluppo infrastrutturale (comprese le infrastrutture immateriali come la sanità) certo, nel riconoscimento del ruolo determinante che il sindacato ha svolto sempre per la coesione sociale e di un rinnovato protagonismo degli attori sociali. Per questo le tre sigle chiedono un confronto serio e costruttivo con la Regione - nel merito delle questioni, non con semplici passaggi informativi - a partire dalla gestione delle risorse europee, dal Pnrr ai fondi strutturali. Per il segretario generale Uil Toscana, Paolo Fantappiè “tutti gli indicatori mostrano che la nostra regione sta retrocedendo sulla qualità del lavoro, sui servizi, sulle infrastrutture, sui livelli della sanità che non sono più accettabili. I dati Irpet dicono che 15 mila aziende chiuderanno il bilancio in passivo con una ripercussione su 115mila lavoratori, una situazione che va a impattare in un tessuto economico e sociale già compromesso.” “Lavoratori, lavoratrici e famiglie soffrono, non vogliamo che la Toscana arretri” ha detto la segretaria generale Cgil Toscana, Dalida Angelini. “Il sindacato vuole essere protagonista: ad esempio, sul Pnrr sono stati fatti vari progetti a livello comunale ma manca un coordinamento regionale, vorremmo discuterne nel piano regionale di sviluppo cogliendo l’opportunità dei fondi europei.” “Siamo preoccupati - ha sottolineato Ciro Recce, segretario generale Cisl Toscana - dai segnali di arretramento che registriamo, nel lavoro e nell’economia, ma anche nei servizi che si sostengono solo con lo sviluppo. Lo scenario è cambiato e dobbiamo costruire un nuovo modello di sviluppo, con tre pilastri: infrastrutture, transizione digitale e ambientale, sanità, dedicando sempre la massima attenzione alla sicurezza sul lavoro. Per far questo c’è bisogno di un confronto approfondito e vero con la Regione. La politica deve cambiare passo, ha il compito di decidere e il dovere di assumersi la responsabilità del fare e deve avere il coraggio di riappropriarsi del ruolo decisionale che le spetta, anche quando le decisioni possono sul momento apparire impopolari. Non si costruisce un buon futuro per i toscani guardando solo al consenso effimero e ai like sui social”.
Alberto Campaioli