Non vorrei che la partita sulla transizione della nuova mobilità diventi una partita ideologica, perché c'è anche un tema di carattere geopolitico che oggi deve farci riflettere sulle scelte che stiamo facendo sul settore, la catena del valore della nuova mobilità elettrica, ma anche le materie prime necessarie sono tutte in mano a paesi extra Ue. A dichiararlo è il segretario nazionale della Fim Cisl Ferdinando Uliano. “Oggi abbiamo un problema legato alla carenza di semiconduttori, con blocchi produttivi continui nonostante gli ordini. Per questo - sottolinea Uliano - un tema d’indirizzo su dove andare con la nuova mobilità elettrica e digitale che accompagni il settore è sempre più necessaria”. Per il sindacalista ulteriori ritardi rischiano di farci rimanere fuori dalla transizione con perdite pesanti sul piano occupazionale e industriale.
Sulla stessa linea Simone Marinelli, coordinatore nazionale Automotive per la Fiom-Cgil: “Il settore dell’auto nel nostro Paese - afferma - ha subito un pesante ridimensionamento passando dalla produzione di oltre 2 milioni di veicoli alla fine degli anni Ottanta a neanche 500mila nel 2021. Un effetto devastante dal punto di vista industriale che ha pesato e pesa sull’occupazione e sui salari delle lavoratrici e dei lavoratori anche per il costante utilizzo di ammortizzatori sociali”. “Siamo dentro una tempesta perfetta determinata non solo dallo stop dei motori endotermici al 2035 - ci tiene a sottolineare Uliano - e stiamo avendo già oggi ripercussioni nella componentistica come nei casi della Bosch di Bari, della Vitesco di Pisa, della Denso di San Salvo e della Marelli di Bari”.
“Quando si fanno operazioni di forzatura verso la decarbonizzazione come quella attuale - continua Uliano - andrebbero messe in campo politiche di sostegno alla reindustrializzazione del settore, per dare la possibilità alle aziende di ripensare le nuove produzioni soprattutto della componentistica, di cui l’Italia è leader in Europa, oggi la catena del valore dell’elettrico è quasi tutta estera. Bisogna prendere coscienza che non ci sarà nessuna transizione green - conclude Uliano - se questa non è accompagnata da politiche di sostenibilità sociale, servono fondi per gli ammortizzatori sociali e per formare le persone sulle nuove produzioni , ma oggi su questo fronte siamo molto in ritardo rispetto a paesi come Germania e Francia”.
Per tali motivi i sindacati nell’incontro del 23 giugno, giorno della convocazione del tavolo del settore automotive chiederanno scelte precise rispetto alla partenza degli investimenti nel settore e alle posizioni che il governo intende assumere in seno al Consiglio ambiente europeo.
Sara Martano