Un fondo per la transizione del settore auto che aiuti i lavoratori e le imprese. E’ quanto chiede la Fim Cisl preoccupata per il silenzioso declino di uno dei settori industriali più importanti del nostro Paese e del conseguente impatto occupazionale.
“In Italia - affermano il segretario nazionale Fim Cisl Ferdinando Uliano e il coordinatore nazionale automotive Fim Cisl Stefano Boschini - il già previsto cambio delle motorizzazioni mette a rischio oltre 60mila posti di lavoro. Nonostante le denunce e le sollecitazioni di sindacato e imprese, nella legge di stabilità il Governo non ha previsto nessun intervento a sostegno di un settore travolto dai cambiamenti causati dalla transizione energetica ed ecologica, come pure nessun finanziamento a riguardo è previsto attraverso il Pnrr”.
Nei diversi tavoli sull’automotive convocati al Ministero dello Sviluppo Economico il sindacato ha sempre sostenuto la necessità di un intervento con politiche di sostegno, al fine di assicurare la sostenibilità sociale e di evitare le ricadute negative sull’occupazione, le cui dimensioni rischiano di essere drammatiche per il Paese.“In particolare - continuano i sindacalisti - abbiamo chiesto la costituzione di un Fondo per sostenere la trasformazione dell’industria automobilistica come hanno fatto in altri Paesi in Europa”.
Questo Fondo dovrà sostenere tutti gli interventi di carattere industriale, funzionali ad accompagnare il processo di trasformazione e d’innovazione del settore che va dalla digitalizzazione, al cambio delle motorizzazioni, alla produzione di batterie a quella di semiconduttori ma anche delle tecnologie dell’idrogeno e delle catene del valore dell’economia circolare; finanziando contemporaneamente la modernizzazione dell’organizzazione del lavoro nelle piccole e medie imprese.
Il Fondo, inoltre, dovrà servire a proteggere i lavoratori: “Si dovranno finanziare intensi piani di riqualificazione - ribadiscono Uliano e Boschini-, soprattutto per quei lavoratori direttamente coinvolti nel passaggio alla motorizzazione elettrica ma anche ammortizzatori sociali specifici, che evitino i licenziamenti e possano accompagnare il processo di reindustrializzazione”.
Sa. Ma.